Il lavoro abilita l’uomo: l’albergo etico e l’inserimento lavorativo dei diversamente abili

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C’è chi ama cucinare, chi scrivere, chi aiutare gli altri, chi usare il computer. Le inclinazioni e i sogni degli esseri umani sono tantissimi e tutti diversi e, oggi come oggi, è diventato possibile per quasi tutti specializzarsi per esprimerli al meglio nella propria carriera lavorativa. Dopotutto, il lavoro è il compagno che segue le persone per una vasta parte della loro esistenza, quindi è bene poterlo rendere un piacere, oltre che un dovere.

Esistono, tuttavia, ancora gruppi sociali particolari per cui svolgere anche un mestiere qualunque è complicato, senza un buon supporto sociale, sia per il livello di abilità e autonomia raggiunta da alcuni di loro, sia per la visione stereotipata che la società stessa ne ha. E’ il caso, tra gli altri, delle persone diversamente abili, che per via di problematiche a livello fisico oppure intellettivo, hanno (o si pensa abbiano) più difficoltà a scuola e al lavoro. Una grande sfida dei nostri tempi, dunque, è quella di garantire un adeguato inserimento lavorativo anche a loro.

Per dimostrare la possibilità di politiche lavorative universali e più aperte alle differenze individuali, si può cominciare da un esempio concreto: il progetto “download”, che ha promosso l’apertura, nel 2014, ad Asti, del primo Albergo Etico, ideato dall’associazione omonima (l’Associazione “Albergo etico”).

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Come rivela il suo nome, si tratta di una struttura alberghiera, cioè una sede adibita al vitto e all’alloggio temporanei di ospiti, a pagamento, ed è “etico” nell’accezione “morale” del termine, cioè rappresenta “la più alta espressione della vita spirituale della comunità umana, una sostanza etica consapevole di sé, nella cui volontà razionale e universale l’individuo realizza storicamente la sua libertà e assume un’esistenza concreta” (vocabolario online Treccani): l’albergo, infatti, impiega al suo interno personale affetto da Sindrome di Down, evitando intenti terapeutici, ma a fini professionali e, quindi, di lucro.Il progetto è nato nel 2006, con l’intento di aiutare Niccolò, un diciassettenne affetto da Sindrome di Down, che dopo la scuola dell’obbligo ha seguito un percorso formativo presso il Centro di formazione professionale alberghiera di Agliano Terme (AT), istituto molto sensibile alle questioni legate alla disabilità. Niccolò, dopo alcuni stage, ha potuto intraprendere una carriera professionale vera e propria e, tornato a casa, i suoi genitori hanno notato un enorme miglioramento nella vita del giovane, che è apparso subito più autonomo e adulto, rispetto al passato.L’esito positivo dell’esperienza, ha stimolato la nascita dell’associazione e la presa in carico da parte sua della causa dell’autonomia lavorativa di soggetti con deficit, non solo per il profitto in denaro sicuramente utile nella vita di questi ultimi, ma soprattutto per l’emancipazione e l’autostima che una carriera professionale soddisfacente può dare.Nasce così l’albergo di Asti, dove, comunque sia, anche senza l’intento terapeutico della struttura, è indispensabile la figura di supporto dei “caposervizi e\o educatori”, per ottimizzare la gestione e risolvere eventuali problemi. All’interno dell’albergo, inoltre, oltre alle sessanta camere per gli ospiti che vi soggiornano, esiste uno spazio chiamato “Accademia dell’indipendenza”, dove i lavoratori con Sindrome di Down possono sperimentare esperienze di vita autonoma distaccandosi dalla famiglia.

L’esperimento di Albergo Etico dimostra la reale possibilità di trovare la carriera professionale ideale anche per i soggetti più fragili, come i diversamente abili.

Cosa si può fare, quindi, per facilitare l’inserimento lavorativo dei portatori di handicap?

I provvedimenti inclusivi devono essere, innanzitutto, quelli legislativi: Confcooperative, maggiore rappresentante della tutela delle cooperative sociali italiane, individua tre strumenti governativi (adottati non solo in Italia, ma anche in altri Paesi esteri) utili per l’obiettivo:

  1. L’imposizione alle imprese dell’obbligo di assumere lavoratori disabili, generalmente in misura proporzionale al numero di impiegati;
  2. La creazione, nel settore pubblico o in imprese private, di posti di lavoro riservati a queste persone;
  3. La concessione di incentivi alle imprese disponibili ad assumere questi lavoratori.

La legge, in Italia, sin dal secondo dopoguerra ha cercato di tutelare questi diritti, iniziando dal primo, per raggiungere, solo negli anni Novanta, anche il terzo, attraverso la Legge 68 del 1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), che per prima ha disposto la nascita di uffici di collocamento destinati all’avviamento lavorativo del disabile e la legge 104 del 1992, che prevede prescrizioni più estese, innanzitutto per il lavoratore con handicap che, secondo una scala matematicamente calcolata in base alla percentuale di invalidità, gode di un assegno pensionistico (temporaneo o permanente), oltre che di un certo numero di assenze retribuite, e per il datore di lavoro, che è tutelato da assicurazioni maggiori e meno costose, oltre a ricevere incentivi monetari sull’assunzione dei disabili.

In secondo luogo, è un impegno delle imprese sociali per il sostegno di persone con difficoltà di accesso al lavoro, come le cosiddette “cooperative sociali di inserimento lavorativo”, gestite da privati (che sono, attualmente, la formula più in uno in Italia). Queste istituzioni lavorano in stretto contatto coi pedagogisti, ai quali è richiesta l’individuazione di un serio progetto educativo di inserimento, studiato sui bisogni individuali dei soggetti interessati, di modo che non vengano “gettati” senza ausilio nella nuova condizione, ma che si possano trovare a loro agio e preparati.

Negli ultimi vent’anni sono nate parecchie organizzazioni con tali funzioni, che si prefiggono lo scopo di un percorso professionale completo, studiato ad hoc per i soggetti con disagi, che parte dall’individuazione della carriera più adatta, arrivando alla formazione, fino al supporto e il sostegno in inserimento e durante il lavoro, auspicando il raggiungimento di un’autonomia quanto più possibile per ognuno.

Nella teoria e negli auspici, la professionalizzazione dei diversamente abili dovrebbe rispettare le capacità e le vere aspirazioni dei singoli, rispettando alcuni principi, sempre fissati da Confcooperative: la territorialità delle cooperative per l’inserimento, la presenza di una rete locale come quadro economico e istituzionale a sostegno del “cliente” di tali imprese, l’integrazione degli strumenti (cioè la fruizione di interventi ampi, come servizi socio-assistenziali, educativi e formativi) e, infine, la personalizzazione degli interventi.

Lavorare, infatti, come afferma la E. Marescotti, non è solo un’attività remunerativa, necessaria per la sopravvivenza, ma ha funzioni più profonde: “di sostegno e garanzia dell’autonomia personale, di sperimentazione e realizzazione delle proprie capacità, di partecipazione alla vita sociale sul piano relazionale e produttivo insieme”. I pedagogisti, nelle aziende sociali per l’inserimento, cercano di ridurre al minimo il rischio di perdere di vista questi scopi di sviluppo delle capacità umane. Si impegnano ad opporsi alla semplice necessità di “tenere occupate” queste persone, ma cercano mestieri il più possibile adatti e stimolanti per loro. Va detto, tuttavia, che spesso faticano ancora a riuscirci a causa della difficoltà e della diffidenza di alcuni datori di lavoro, che per inesperienza nel campo o per mancanza di voglia e di tempo, preferiscono non accettare la sfida nelle loro imprese.

Riprendendo, dunque, le parole della Marescotti, non basta garantire l’accesso al lavoro, ma occorre che esso sia percepito come tale, sia da chi lo svolge in prima persona (in questo caso il disabile), sia da chi lo riscontra (datore di lavoro, clienti, altri stakeholder) e non è giusto fare “sconti” di trattamento di fronte all’handicap, ma dovrebbe considerarsi un obbligo il rispetto dei pari diritti per ogni essere umano, garantendo pari modalità di accesso e condizioni.

Si può concludere, dunque, citando una frase, slogan di una campagna del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: « […] un posto di lavoro sbagliato può fare di chiunque un handicappato, così come un inserimento lavorativo mirato può fare di ogni disabile un lavoratore».

Samantha Bionda

 

Bibliografia 

Chiricozzi, S., Libro verde. La cooperazione sociale per l’inserimento lavorativo, Federsolidarietà – Confcooperative, Roma, 2010

Marescotti, E., Educazione degli adulti. Identità e sfide, Unicolpi, Milano, 2012

Sitografia

Apre il primo Albergo Etico

www.albergoetico.it

One Reply to “Il lavoro abilita l’uomo: l’albergo etico e l’inserimento lavorativo dei diversamente abili”

  1. sono d’accordo su tutta la linea …. tempo fa feci parte del progetto equal denominato “albergo in via dei matti n. 0” … bella esperienza ma …… non si fece nulla o quasi

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