Come funziona la dipendenza da sostanze? Il caso della cocaina

 

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Il problema dell’abuso e dipendenza da droga è ora più che mai attuale. Uno studio pubblicato dall’ American College of Neuropsychopharmacology riporta un dato che dovrebbe allertarci: una sola assunzione di cocaina, una delle droghe attualmente più diffuse a livello europeo, può generare dipendenza nel 18% dei casi.

La probabilità è piuttosto alta, se consideriamo che è legata ad una sola assunzione, e che naturalmente aumenta all’aumentare delle dosi assunte. La dipendenza da cocaina porta con sé una serie di effetti devastanti: le prime assunzioni sono in grado di generare forti ondate di energia, ma con il passare del tempo questo effetto svanisce. Allo stesso tempo, subentrano lentamente la depressione e l’isolamento, che il tossicodipendente combatte assumendo di nuovo la sostanza. Se questa possibilità per qualche motivo (di solito economico) viene a mancare, sono frequenti i casi in cui il tossicodipendente diventa criminale, dandosi al furto fino ad arrivare, in qualche caso, all’omicidio. Frequenti sono anche i casi di suicidio, dovuti alla forte depressione. Ma per quale motivo l’uso di una sostanza di questo tipo tende facilmente a diventare abuso, per poi sfociare in dipendenza?

Perché è così facile entrarne e così difficile uscirne?

Possiamo dire con una certa sicurezza che alla base di ogni comportamento umano c’è la motivazione: in psicologia, definiamo “motivazione” ciò che spinge verso un obiettivo, e che attiva i comportamenti necessari a raggiungerlo. La motivazione ha due componenti: una biologica, primitiva e legata ai bisogni di sopravvivenza principali, e una legata invece all’esperienza, alla curiosità e al bisogno di auto realizzazione. Entrambe queste componenti interagiscono costantemente l’una con l’altra, e la loro spinta combinata è la guida di ogni nostra azione. Quando entra in gioco una sostanza d’abuso, però, queste due componenti tendono a venirne velocemente influenzate, fino a passare sotto il suo dominio.

Restando sull’esempio della cocaina, che è una delle sostanze d’abuso più studiate, principalmente per via della sua popolarità: una ricerca in particolare, di Robinson e Kolb, ha dimostrato nel 2004 che tale droga agisce sui recettori del nucleus accumbens, una piccola area al centro del cervello responsabile (insieme ad altre) dell’elaborazione della sensazione di piacere, e del rinforzo dei comportamenti che portano ad ottenere piacere. L’azione della cocaina aumenta rapidamente il numero di recettori presenti intorno a questo nucleo, il che lo rende molto più sensibile. Come conseguenza, il desiderio di assumere la sostanza che produce uno stato di euforia aumenta enormemente. Ecco quindi spiegata l’influenza che la sostanza di abuso ha sulla parte biologica della motivazione: modificando la struttura stessa del cervello, modifica anche i bisogni che questo percepisce come fondamentali.

A questo punto resta da spiegare la parte di motivazione legata all’esperienza e alla vita di tutti i giorni: perché uno “sforzo di volontà” non basta, da solo, a liberare completamente dalla dipendenza? Per quale motivo i consigli degli amici, le raccomandazioni del medico, non hanno generalmente alcun effetto?

Nello stesso esperimento, Robinson e Kolb sono stati in grado di dimostrare che l’assunzione ripetuta di droghe riduce la naturale plasticità del cervello, il quale normalmente si modifica a seconda dell’input dell’ambiente allo scopo di ricevere nuove informazioni, punti di vista, opinioni. Con la riduzione della plasticità del cervello, questo avviene con molta più difficoltà. Di conseguenza le esperienze di vita perdono il significato che normalmente avrebbero, e la loro importanza viene percepita come sempre minore. Anche per questo motivo è facile che lunghi periodi di dipendenza portino a generare depressione e isolamento sociale.

Alla luce di questi dati, comunque, non bisogna farsi scoraggiare. E’ emerso, in diverse ricerche di cui la prima fu svolta da Bruce K. Alexander, che le condizione sociali di chi assume sostanze d’abuso possono avere una grande influenza sullo svilupparsi o meno della dipendenza. Alexander studiò il momento in cui la dipendenza nasce: presi due gruppi di topi, uno veniva posto in gabbie singole, dove i topi rimanevano quindi isolati, e l’altro veniva sistemato in un habitat condiviso e ricco di attrazioni. Per entrambi i gruppi erano stati allestiti due abbeveratoi: uno contenente acqua semplice, l’altro acqua con l’aggiunta di morfina. Risultò che i topi confinati nelle gabbie singole, ben presto si dedicavano unicamente all’assunzione della morfina, mentre i topi che potevano vivere in un ambiente ricco e stimolante la abbandonavano dopo averla assaggiata qualche volta. La socialità, quindi, è un potente antidoto allo sviluppo delle dipendenze, ed è di importanza capitale valorizzarla ed espanderla in ogni contesto.

Riccardo Calandracropped-immagine2.png

Info

 

 

 

Bibliografia

A. Fernando,  S.D Wagner., e  C. James (2002) “From First Drug Use to Drug Dependence: Developmental Periods of Risk for Dependence upon Marijuana, Cocaine, and Alcohol”, In Neuropsychopharmacology 26

T.E. Robinson, B. Kolb, (2004),” Structural Plasticity Associated with Exposure to Drugs of Abuse” in Neuropharmacology

F. Nava, (2011), Neurobiologia della Dipendenza da Cocaina, Dipartimento di Tossicologia, Università degli Studi di Cagliari.

B.K Alexander, B.L. Beyerstein, P.F., Hadaway e R.B. Coambs. (1981) “Effect of early and later colony housing on oral ingestion of morphine in rats”, In Pharmacology Biochemistry and Behavior, Vol 15

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