Cristiani e musulmani nei paesi islamici: un esempio di case study

 

12570859_10153891051308594_1251127512_nMi presento, sono un’antropologa che si occupa di religiosità popolare nei paesi islamici e che ha vissuto per circa 10 anni nella Repubblica Araba d’Egitto, abitando nel cimitero musulmano del Cairo, al Qarafa, ai fini di una ricerca sul campo1. Ho sempre inteso l’antropologia culturale un po’ come una missione, a dire il vero il più delle volte come una vera militanza, pertanto sento il dovere in questi tempi foschi di scrivere sulla mia esperienza professionale e di vita nei paesi arabi, allo scopo di fare chiarezza sui tanti stereotipi che imperversano sui social network e nei discorsi della gente riguardo ad una visione statica e monolitica dell’Islam che contraddice la sua reale pluralità, e quindi ai rapporti tra cristiani e musulmani nei luoghi dove la religione islamica è maggioritaria.

Di eurocentrismo, o “occidentocentrismo”, che hanno già prodotto abbastanza danni nella storia passata e contemporanea (vecchi e nuovi colonialismi) ne sono pieni i mass media che orientano fortemente l’opinione comune. Cerchiamo di far luce.

L’Egitto ha una minoranza cristiana del 10% della popolazione. Sono generalmente copti, ovvero cristiani ortodossi2. In ogni zona del paese vi sono chiese e monasteri, scuole e associazioni cristiane; qui nel deserto è nato il monachesimo. Questa è anche la situazione odierna in Turchia (si pensi alla casa della Madonna ad Efeso, visitata e venerata da cristiani e musulmani), e lo era in Siria (cito tra i tanti il santuario mariano di Saydnaya e il monastero di Mar Musa di Padre Dall’Oglio), paesi che hanno visto gli albori del Cristianesimo. In altri stati islamici, come ad esempio l’Iran, la percentuale dei cristiani è assai inferiore, tale da non notarsi molto la presenza di loro istituzioni ecclesiastiche. A Teheran le chiese sono in tutto sette (una è armena, due sono assiro-caldee, 4 latine).

D’obbligo è innanzitutto la precisazione che nelle scritture sacre islamiche, Corano e Sunna3, hanno un rilievo enorme sia Gesù che la Madonna, oltre agli altri profeti che hanno preceduto il fondatore dell’Islam, Mohammed (Maometto). Inoltre vi sono descritti gli aspetti delle relazioni tra i musulmani e i fedeli delle altre religioni, in primis cristiani ed ebrei4. Il rapporto di continuità tra i tre monoteismi abramitici è ben testimoniato dove si consiglia di far ricorso, in casi d’incertezza alle altre precedenti scritture sacre: «E se tu sei in dubbio su qualcosa che ti abbiam rivelato domandane a quelli che leggono la Scrittura antica» (Cor. X: 94) e «… domandatene, se non lo sapete, a quelli che prima ricevettero il Monito» (Cor. XVI: 43) [Branca, Cuciniello, 2006:84-85]. Gesù è indicato come servo di Dio nato dalla vergine Maria. I musulmani considerano Cristo al pari di Mosè e Maometto e credono che essendo portatore del messaggio divino, sia stato miracolosamente sostituito sulla croce da un sosia, e quindi non sia mai morto ma asceso in cielo per ritornare in futuro in funzione messianica per uccidere l’Anticristo (cfr. Cuciniello, 2007). Maryam (Maria) è l’unica donna a comparire con il suo nome nel testo sacro.

Oltre alle numerose citazioni le viene riservato un intero capitolo, la sura XIX dedicata all’Annunciazione e alla Natività di Gesù che viene rifiutato quale Figlio di Dio, in linea con una rigorosa accezione di monoteismo assoluto. Nella Sunna un hadith recita «Io confesso che Gesù è lo Spirito di Dio e il suo Verbo che egli gettò in Maria, la Vergine, la Santa, la Pura». Sempre il Profeta nell’entrare a La Mecca nel santuario della Ka’ba ordinò che vi si distruggessero tutte le immagini degli idoli tranne quelle della Madonna (cfr. Tottoli, 1992). E quindi soprattutto la figura di Maria/Maryam testimonia una venerazione e pratiche comuni alle due comunità religiose dei paesi islamici, i cui luoghi di culto rappresentano un patrimonio di credenze e tradizioni condivise nel Mediterraneo (cfr. Albera, Couroucli, 2013). Note ad esempio sono sia la frequentazione di musulmani sci’iti al santuario di Fatima in Portogallo che la venerazione dell’iconografia ad essa legata durante i rituali sci’iti (cfr. Flaskerud, 2010). Al di là della mariologia coranica, già prima dell’avvento dell’Islam nell’Oriente cristiano, come testimonia il Vangelo apocrifo dell’infanzia di Gesù, Maria svolgeva un ruolo centrale di mediatrice e collaboratrice attiva dei primi miracoli di Cristo bambino. Uno di questi prodigi avvenne alla periferia del Cairo, dove Maria lavò la camiciola del figlio in una polla fatta da lui sgorgare ai piedi di un sicomoro nel villaggio di Matarieh. Dal suo sudore misto all’acqua venne fuori un balsamo con cui si effettua il battesimo (cfr. Grossato 2014). L’esodo della Sacra Famiglia in Egitto ha lasciato parecchie tracce che sono diventate meta di pellegrinaggi misti.   

I fedeli musulmani non hanno remore a mischiarsi con quelli cristiani nei numerosi santuari dedicati alla Vergine (circa 160), come quello ad esempio nel sud del paese nella provincia di El Minya, dove riuniti insieme celebrano la ricorrenza della nascita di Maria e quella dell’Assunzione. Nella capitale egiziana tra i tre santuari affidati ai copti ortodossi spicca la chiesa di Zeitoun dove si racconta che nel 1968 la Madonna apparve a un musulmano, Farouk Mohammed Atwa, a quel tempo affetto da una malattia e guarito il giorno seguente. Qui ne seguirono altre di apparizioni fino al 1971 alla presenza di migliaia di egiziani di entrambi le fedi. Il culto mariano in Egitto risale ai tempi del primo Cristianesimo quando il patriarca Cirillo difese la Theotokos nel Concilio di Efeso contro il suo avversario Nestorio. Numerose sono le icone che la raffigurano, presenti anche nelle case odierne dei musulmani, verso cui si prega in cerca di una guarigione spirituale e fisica o di risoluzione ai propri problemi quotidiani. Preziosa è la testimonianza di un’abitante di al Qarafa nel cui soggiorno ha un quadro della Madonna «… sapete per noi musulmani Maria è una figura importante… come mio marito le sono davvero affezionata…» [Tozzi Di Marco, 2010:80-82].

La religiosità popolare nei paesi islamici ma anche in Europa ha sempre dimostrato la falsità del presunto “scontro di civiltà” che invece integralisti di entrambi le parti vogliono alimentare. Tra le pratiche condivise al Cairo molteplici sono anche gli episodi di ricorso a preti copti da parte di musulmani per effettuare esorcismi al fine di liberare un proprio parente dal demonio. Solitamente un esorcismo pubblico di massa avviene dopo la messa del giovedì sera nella chiesa di San Sama’an scavata nella roccia sulla collina di Moqattam che fa da sfondo al cimitero musulmano. Anche nello spazio sepolcrale i preti copti vengono interpellati in caso di necessità elargendo benedizioni ai vicini musulmani. Tra i cortili funerari un antico pellegrinaggio medievale denominato dei Sette Dormienti alle tombe di sette santi musulmani (cfr. Massignon 1958) vi è ancora svolto sebbene in forma ridotta (cfr. Tozzi Di Marco, 2015). La mitologia relativa ai Sette Dormienti, una narrazione agiografica cristiana passata nel Corano, e il suo culto possono considerarsi una prova evidente di interreligiosità testimoniata fino in Cina (cfr. Tozzi Di Marco, 2016).

Il cimitero musulmano del Cairo è noto per la coabitazione tra vivi e defunti che vengono sepolti a tutt’oggi. Il suo atto fondativo da parte dei conquistatori arabi dell’Egitto bizantino s’intreccia con una leggenda cristiana e con la storia dei copti (cfr. Tozzi Di Marco, 2008). Il suo inurbamento cominciò nel IX secolo ma soltanto in quello scorso vi si riversarono masse di contadini derelitti dalle campagne del sud, tra cui molti cristiani (cfr. Tozzi Di Marco, 2011). 12583861_10153891054038594_1007968053_nQuesto spazio sepolcrale, nonostante il suo carattere altamente sacrale può essere preso ad esempio come forma di convivenza pacifica in Egitto tra le due comunità di fedeli. Non so quantificare in che percentuale siano i cristiani sull’insieme della popolazione residente di al Qarafa, né ci sono delle stime e degli studi in merito. Soprattutto ce ne sono molti nella zona di Qaytbay, una delle più urbanizzate, dove ho abitato per tanti anni, situata vicino il cuore antico della città. Questo in funzione delle dinamiche di inurbamento di un nuovo sito da parte di immigrati che tendono ad aggregarsi ad altri compaesani già presenti. In realtà la mia stessa presenza come abitante di un cimitero musulmano, un luogo considerato altamente sacro, sconfessa tutta una serie di pregiudizi sia sul rapporto cristiani/islam, e sia su al Qarafa e la sua comunità residente. I cristiani qui come altrove nel paese possono esercitare i loro riti civili e religiosi sebbene non esista una chiesa ufficiale nel cimitero. Solitamente appartengono a quella fascia di residenti che abitano in alloggi costruiti negli spazi interstiziali del cimitero a differenza di quelli che occupano le tombe che sono solo musulmani. Il vissuto quotidiano dei cristiani di al Qarafa s’incontra continuamente con quello dei musulmani: condividono gli stessi edifici residenziali, frequentano gli stessi mercati, soffrono della stessa mancanza di servizi. Spazi metaforici e reali di contatto tra le due parti sono molto frequenti, darne conto qui in maniera esaustiva non mi è possibile per ragioni di spazio.

Farò solo un ulteriore esempio. Molte volte mi è capitato di assistere alle celebrazioni festose di matrimoni sia copti che musulmani nel cimitero. Una è la zaffah al ‘arusa, ovvero la processione della sposa, che l’accompagna insieme a parenti e amiche con tutti i mobili nella nuova casa. Una cerimonia che si configura come rito di passaggio dallo stato di donna nubile e vergine a quello di sposata e futura madre (cfr. Kent, Franken in Zuhur 1998), una pratica comune sia ai copti che ai musulmani. Il corteo accompagnato dal volume altissimo della musica popolare egiziana che proviene dagli altoparlanti del furgone, parte dalla casa genitoriale della sposa.
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Tuttavia per concludere, la situazione dei cristiani nel cimitero cairota come nel resto del paese era diventata molto instabile con l’ascesa al potere dell’ala più retriva dei Fratelli Musulmani. Durante le proteste iniziate nel 2011 fino alle elezioni di al Sisi, gli integralisti salafiti hanno ferocemente attaccato e ucciso molti cristiani e distrutto alcuni luoghi di culto. Fortunatamente al ristabilirsi del potere laico militare fortemente voluto anche dagli egiziani copti, si ha avuto un ribaltamento; del mese scorso la notizia della visita di al Sisi in occasione del Natale copto durante la messa nella cattedrale di San Marco.

E’ da precisare che mancando dal 2006, non ho esattamente la percezione dei rapporti tra cristiani e musulmani nelle varie zone del paese, soprattutto riguardo alla devozionalità, ma immagino che nel cimitero cairota la realtà non sia cambiata. Peraltro lascio il testimone ad altri ricercatori che volessero cimentarsi in questo argomento di studio, ovvero la presenza dei cristiani in al Qarafa.

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Info

 

 

 

1il fieldwork era centrato sulle relazioni tra l’inurbamento del cimitero e i rituali funebri e religiosi che vi si svolgono al suo interno.

2La Chiesa copta è una delle chiese ortodosse più antiche. In Egitto il Cristianesimo fu portato da San Marco nel I secolo. Si distingue sulla natura cristologica dalle altre chiese.

3Raccolta di detti e fatti del Profeta che rappresenta la seconda fonte sacra dell’Islam. Ogni detto o fatto si chiama hadith.

4Denominati come dhimmi, la “Gente del Libro” in riferimento alle scritture sacre, potevano professare la propria religione, avere i propri luoghi di culto, essere amministrati da propri tribunali. Dovevano solo pagare una tassa annuale allo stato poiché non erano soggetti alla legge islamica.

 

Bibliografia 

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Lo Jacono C., Maometto, Laterza, 2011. Lo Jacono C., Maometto, Laterza, 2011

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Tozzi Di Marco A., “Al Qarafa la Città dei Morti del Cairo. Il circuito delle sette tombe sacre”. In Dada Rivista di Antropologia post-globale, n. 2, 2015

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