Contro lo spreco di cibo: combattere un gigante da 1,3 miliardi di tonnellate

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1,3 miliardi di tonnellate è la quantità di cibo che si stima vada sprecata ogni anno a livello mondiale. Una cifra difficilmente comprensibile se pensiamo alla nostra piccola realtà. Eppure, uno studio condotto nel 2010 su scala europea dimostra come, nella sola Unione, si sprechino circa 90 milioni di tonnellate all’anno, approssimativamente 180kg pro-capite, e si pensa che tale dato arriverà a toccare i 126 milioni nel 2020. Alla luce dei nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che la comunità internazionale si impegna a raggiungere entro il 2030, tale perdita rappresenta un vero e proprio paradosso. Le Nazioni Unite  infatti, si riferiscono esplicitamente all’ambizioso obiettivo di porre fine alla fame a livello globale. A ciò si aggiunga il periodo di crisi economica attraversato da molti stati europei che ha forzatamente portato nell’agenda politica il tema dello spreco alimentare. Non a caso, molti governi nazionali, negli ultimi anni, hanno attivato una serie di iniziative per cercare di porre rimedio a tale fenomeno, abbracciando, al contempo, altri settori in cui lo spreco comporta perdite altissime, quale quello farmaceutico.

In riferimento al mercato alimentare, se è vero che parte di questo spreco avviene in fasi in cui il piccolo consumatore non ha alcun ruolo rilevante (come, ad esempio, nella fase di trasporto), è anche vero che lo stesso ne è complessivamente il principale responsabile. A livello domestico si stima, infatti, che venga gettato il 42% del totale di cibo sprecato. Al cittadino privato fa seguito il mondo della grande distribuzione, trattandosi però, in questo caso, spesso e volentieri, di prodotti integri che non rispettano determinati requisiti. Si tratta, perlopiù, di cibi scaduti, con incorrettezze sull’etichetta o che presentano difetti estetici. La possibilità di donare questi prodotti alle banche del cibo oppure ad alcune organizzazioni non-profit esiste, ma non sempre vi si è fatto ricorso, sia per la mancanza di volontà da parte dei potenziali donatori, sia per la presenza di barriere tecnico-legali. Uno studio del 2010 stima che ancora oltre il 50% del cibo viene sprecato dai supermercati e dalle famiglie .

Per questa ragione, molti Stati europei hanno focalizzato l’attenzione sul contesto legislativo, al fine di facilitare le donazioni di cibo. Tuttavia, ancora non esiste un quadro comune nel settore. Uno dei primi problemi che ci si pone è la possibilità di essere citati in giudizio nel caso in cui la donazione producesse effetti negativi sull’utente. Si è cercato di aggirare tale ostacolo attraverso la donazione ad enti terzi, responsabili poi della distribuzione al consumatore ultimo. In alcune nazioni, quali la Germania, la donazione di beni prossimi alla data di scadenza è addirittura vietata. Emblematico invece è il caso della Grecia dove, tra le varie misure anticrisi, si era proposto di dare la possibilità ai supermercati di poter continuare a vendere, ad un prezzo inferiore, i prodotti che avessero superato la data indicata sotto la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”. A livello europeo, solo l’Italia ha una legislazione che esonera le banche del cibo dall’essere citate in giudizio per questioni legate ai prodotti donati (Legge n. 155 del 16 luglio 2003 o cosiddetta “Legge del buon samaritano”).

La maggior parte degli Stati europei prevede degli incentivi fiscali nei confronti dei donatori, quale la possibilità di non pagare l’IVA sui prodotti donati (tale regola non si applica, però, a determinate categorie alimentari, quali alcolici o dolci). In alcuni casi, inoltre, si prevedono dei sussidi per far sì che il costo della redistribuzione sia inferiore a scelte alternative, quali lo smaltimento ordinario o la cessione dei prodotti inveduti alle industrie per l’alimentazione animale. La grande distribuzione, infatti, potrebbe essere disincentivata dal donare a causa della presenza di costi maggiori o a causa della presenza di incentivi fiscali che paradossalmente agevolano pratiche alternative, quali l’utilizzo di tali beni per rifornire l’industria del biogas. Conseguentemente, alcuni paesi, quali il Belgio, hanno introdotto l’obbligo di donazione per tutti quegli alimenti non venduti e non scaduti (per ora solo nelle municipalità di Herstal e Namur). In Francia, una proposta di legge che obbliga i supermercati a firmare un accordo con una banca del cibo è al vaglio.

Per quanto riguarda l’Italia, secondo l’ultimo report dell’Osservatorio sugli sprechi alimentari delle famiglie italiane (pubblicato nel 2013), ogni anno finiscono in discarica tra le 10 e le 20 milioni di tonnellate di cibo, con un costo medio di 450 euro a famiglia l’anno. Si stima che tale quantità sfamerebbe 44 milioni di persone. Proprio con l’obiettivo di raddoppiare la quantità di prodotti alimentari donati, la legge anti-spreco è stata approvata dalla camera il 17/03 con ben 277 sì e nessun voto contrario (sebbene ci siano state 106 astensioni da parte di alcuni membri di Lega Nord, Movimento Cinque Stelle e Forza Italia). Una delle novità più rilevanti è che anche gli enti pubblici, tra i quali figurano mense scolastiche ed ospedaliere, potranno donare direttamente il cibo. Vi sarà, inoltre, la possibilità di redistribuire i beni alimentari confiscati, cosa che oggi avviene previa autorizzazione da parte di un magistrato, e l’opportunità per le associazioni di volontariato di raccogliere le eccedenze lasciate in campo dai produttori agricoli, se autorizzate dagli stessi. Si prevede, infine, per i donatori, uno sconto sulla tassa sui rifiuti direttamente proporzionale alla quantità dei donativi. Sul lato della ricerca, invece, si vuole dar vita ad un fondo da 3 milioni di euro (per gli anni 2016-2018), gestito dal Ministero dell’Agricoltura, per gli investimenti nel campo degli imballaggi e delle confezioni anti-spreco, ovvero quelle che aumenterebbero la vita di un determinato prodotto rallentandone il processo di decomposizione.

A tali iniziative provenienti dall’alto bisogna aggiungerne una serie proveniente dal basso. Una delle pratiche che si stanno diffondendo soprattutto nelle grandi città è quella del food-sharing, la quale prevede che il cibo inutilizzato possa essere raccolto in uno spazio comune (in alcuni casi dotato di frigoriferi di “quartiere”) e del quale  chiunque può servirsi gratuitamente. Sono varie, inoltre, le associazioni che si dotano di volontari per la raccolta delle eccedenze direttamente nel luogo di “produzione” (ad esempio in ristoranti e supermercati), per poi redistribuire le stesse alle associazioni no-profit o direttamente a chiunque ne abbia bisogno. In Italia l’iniziativa LastMinuteMarket, nata come progetto dell’Università di Bologna, ha stabilito in differenti città un network tra imprenditori, istituzioni e terzo settore affinché la domanda di cibo da parte delle organizzazione caritatevoli possa incontrare l’offerta. In tal modo, si stima che nel solo 2008 siano state recuperate 180 tonnellate di cibo.

Sebbene lo spreco alimentare raggiunga quote esorbitanti, molto è stato fatto e si sta facendo per poter arginarlo. Tuttavia, vediamo come diversi sono gli approcci, anche a livello europeo. Se alcuni stati (quali  Francia e Belgio) hanno optato per l’introduzione di meccanismi punitivi ed obblighi per alcuni degli attori della catena dello spreco, altri, quali  l’Italia, hanno favorito l’introduzione di incentivi, adottando un approccio differente. Rilevanti sono, inoltre, le azioni del terzo settore, fondamentale nella catena di redistribuzione, così come una serie di progetti ed iniziative popolari che cercano di arginare lo spreco anche e soprattutto a livello familiare. Sebbene ancora non siano stati condotti studi estensivi su quale di tali approcci sia il più efficace (anche a causa del fatto che alcuni  di essi sono abbastanza recenti), i dati rilasciati da organizzazioni di volontariato e banche del cibo  dimostrano un trend positivo che fa ben sperare per un’ ulteriore riduzione.

12833425_10209102735192149_699792163_nMichael Ruggeri

Studente in Scienze dello sviluppo e della cooperazione internazionale

Informazioni, contatti e articoli dell’autore a questo link

Bibliografia

Rovati G. (2015), Food poverty, food bank. Aiuti alimentari e inclusione sociale, Milano: Vita e pensiero

http://www.eesc.europa.eu/resources/docs/comparative-study-on-eu-member-states-legislation-and-practices-on-food-donation_finalreport_010714.pdf

http://www.lastminutemarket.it/media_news/wp-content/uploads/2014/05/WW-Executive-Summary-2013.pdf

http://www.fao.org/save-food/resources/keyfindings/en/

http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0031770.pdf

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