Gli effetti negativi della globalizzazione sul mondo del lavoro

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Negli ultimi decenni, il mercato del lavoro di tutte le società mondiali è stato influenzato da un fenomeno di enorme portata: la globalizzazione. Non a caso, infatti, numerosi sociologi ed economisti indagano la relazione fra globalizzazione e mondo del lavoro, monitorando il fenomeno e controllando gli effetti collaterali provocati.

Per globalizzazione si intende l’unificazione dei mercati a livello mondiale, consentito dalla diffusione di innovazioni tecnologiche che hanno portato a modelli di consumo e di produzione convergenti. In che modo la globalizzazione ha invaso il mercato del lavoro? Vi sono almeno quattro aspetti da considerare.

1. La globalizzazione ha peggiorato, in alcuni casi, le condizioni delle aree rurali dei Paesi meno sviluppati

Le tradizionali forme di agricoltura contadina sono state profondamente modificate dai metodi di produzione propri del settore capitalistico, che grazie allo sviluppo tecnico ed alle economie di scala, sono più redditizi rispetto ai metodi dell’agricoltura tradizionale. Tale cambiamento ha fatto sì che una parte della popolazione rurale continuasse a condurre la propria vita, mentre un’altra migrasse verso Paesi più ricchi (cfr. Mingione e Pugliese 2010:141).

2. La globalizzazione ha consolidato e incrementato importanti differenze interne ed esterne alle Nazioni

La globalizzazione ha determinato un aumento delle disuguaglianze tra Paesi, producendo importanti cambiamenti. Alcune zone sono diventate sede di attività industriale con la conseguente formazione di una classe operaia, sia per per effetto della delocalizzazione delle imprese, sia a seguito di uno sviluppo locale autonomo. Il wage gap tra un Paese e l’altro (favorito dal progresso tecnologico) è considerato come uno dei principali responsabili della crescente disuguaglianza tra i diversi Stati, un fenomeno che si è manifestato anche all’interno dei Paesi maggiormente industrializzati. Gli USA, ad esempio, registrano un forte incremento di ineguaglianza prodotto dal wage gap, date le scarse protezioni sociali e sindacali dei lavoratori a bassa qualifica. Il progresso tecnologico ha ridotto di gran lunga la domanda di lavoro a bassa qualifica (unskilled) a favore di quello a più alto contenuto di conoscenza (skilled) (cfr. Enciclopedia Treccani online, “Globalizzazione”).

3. Aumento delle migrazioni internazionali

Quello attuale non è sicuramente l’unico periodo storico in cui vi sono stati forti flussi migratori, ma l’epoca odierna è certamente quella in cui il maggior numero di Paesi è stato coinvolto da tale fenomeno. Al di là del caso Unione europea, dove lavoratori e merci circolano liberamente senza vincolo alcuno, in alcuni Paesi è prevista la piena mobilità delle merci  e dei capitali e non quella dei lavoratori. Accade ad esempio nell’area del Nafta (North Atlantic Free Trade Area), al confine tra Stati Uniti e Messico, dove i lavoratori messicani tentano di entrare illegalmente negli Usa per cercare opportunità lavorative. Sul modello statunitense, molti Stati hanno pesantemente ristretto l’ingresso di lavoratori regolari, ma non per questo motivo sono riusciti a bloccare l’immigrazione irregolare.

L’ondata di flussi migratori può avere effetti positivi e negativi. Si pensi, ad esempio, a quei lavoratori altamente qualificati che lasciano il proprio Paese: lo Stato straniero di accoglienza avrà sicuramente un vantaggio, mentre il Paese di origine perderà risorse umane qualificate. In altri casi le ondate migratorie interessano interi gruppi etnici. In Italia, ad esempio, lavoratori di nazionalità filippina si dedicano soprattutto ad attività domestiche, lavoratori indiani al commercio e così via. La grande offerta di lavoro proveniente dai Paesi del Terzo mondo soddisfa quindi una domanda differenziata. I migranti provenienti dalle aree del mondo svantaggiate spesso ricoprono i cosiddetti badjobs: posti di lavoro rimasti vuoti per mancanza di lavoratori disposti ad occuparli; lavori marginali e potenzialmente pericolosi e/o troppo faticosi; spesso lavori in nero e sottopagati.

Oltre a costituire una risorsa di manodopera, i migranti provenienti da nazioni sottosviluppate contribuiscono  spesso ad elevare il tasso di natalità del Paese ospitante, affetto magari da un tasso di crescita demografica in declino, come nel caso dell`Italia (cfr. Mingione e Pugliese 2010:147).

4. La delocalizzazione

La delocalizzazione e` un altro aspetto fondamentale del fenomeno della globalizzazione. Delocalizzare significa, per gli imprenditori, avere la possibilità di spostare le proprie fabbriche in Paesi dove vi è una minor pressione fiscale e una maggior probabilità di conseguire profitti. A seguito dell’enorme divario nel costo del lavoro a livello globale, negli Stati meno sviluppati diviene possibile una massimizzazione dei profitti e un taglio dei costi di produzione, sfruttando il mancato riconoscimento dei diritti minimi del lavoratore (orari di lavoro, paga minima oraria e così via). Naturale conseguenza di tale situazione, è stata la richiesta di una sempre maggior flessibilità ai lavoratori dei Paesi industrializzati, che si è poi tradotta in una loro precarizzazione. A tal riguardo in Italia, nel primo trentennio dall’entrata in vigore della Costituzione, gli imprenditori producevano quasi esclusivamente nel proprio Paese; ad oggi, invece, gli imprenditori italiani hanno la possibilità di espandere la loro produzione in Paesi che permettono loro maggiori vantaggi economici, ed è per questo che si chiede ai lavoratori italiani di guardare sempre meno ai diritti conquistati e pensare invece alla competitività del mercato su larga scala, anche se a loro discapito (cfr. Ichino, conferenza Scuola veneta di politica, Padova 05 Febbraio 2001).

E’ necessario dunque che non si guardi solo al profitto, ma anche e soprattutto a coloro che direttamente o indirettamente sono investiti da questo fenomeno.

La globalizzazione può avere dunque un impatto negativo sulle condizioni dei lavoratori e, assumendo consapevolezza di tale problema, l’ILO  (International Labour Office) dedica una sezione apposita al lavoro dignitoso connesso al fenomeno della globalizzazione.

L’ILO sostiene:

“Il lavoro dignitoso è la chiave per l’eliminazione della povertà. Se le persone hanno un lavoro dignitoso, possono partecipare alla ridistribuzione dei guadagni provenienti da un’economia internazionale sempre più globalizzata; estendere l’opportunità di un lavoro dignitoso a tutti è la condizione essenziale perché la globalizzazione sia equa e porti integrazione sociale. La creazione di condizioni di lavoro dignitose deve quindi essere alla base di tutte le politiche di sviluppo.”

A questo scopo, l’ILO convoca governi, imprenditori e lavoratori per rispondere in modo efficiente ai bisogni di lavoratori e lavoratrici, sviluppando politiche e programmi che permettano di ridurre le disuguaglianze tra Paesi. L’ILO non è la sola organizzazione ad occuparsi degli effetti che la globalizzazione può avere sui lavoratori di tutto il mondo: a livello europeo, è stato istituito il Fondo Europeo di adeguamento alla Globalizzazione (FEG). Il FEG e`stato istituito per assistere chi perde il lavoro, nel caso in cui un’impresa chiuda o de-localizzi la produzione o proceda a licenziamenti per via di grossi cambiamenti strutturali. Il FEG intende aiutare i lavoratori impegnati nella ricerca di un nuovo impiego, fare orientamento professionale e sostenerli nella creazione di nuova impresa.

La globalizzazione può rappresentare senza dubbio una risorsa, e affinché sia considerata tale e non sia solo una perdita di diritti è necessario che le agende politiche dei diversi Paesi convergano sugli stessi punti, permettendo così, ai lavoratori di tutto il mondo, di muoversi in lungo e in largo mantenendo lo stesso livello di protezione ovunque, senza dover barattare i propri diritti.

 Olga Aloise 

Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università della Calabria

Informazioni, contatti e articoli dell’autrice a questo link

Bibliografia

E. Mingione, E. Pugliese, Il lavoro, Carocci editore, 2010.

Sitografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/globalizzazione/

http://www.pietroichino.it/?p=16401

http://www.ilo.org/rome/ilo-cosa-fa/occupazione/lavoro-dignitoso-e-globalizzazione/lang–it/index.htm

http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=326&langId=it

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