Social media: distinguere un’informazione reale dalle “voci”

 

Bottcelli – Calunnia

La comunicazione è un fenomeno complesso, caratterizzato dai processi cognitivi, emotivi e sociali, che rende possibile il soddisfacimento di bisogni primari quali l’alimentazione, la riproduzione e la richiesta di protezione, favorendo la sopravvivenza di un singolo individuo o di un gruppo. Per tali ragioni è importante analizzare le modalità con le quali i social media, stanno modificando la natura della comunicazione umana dando vita ad una rete sociale “virtuale”.

Come in una rete sociale “reale”, in quella “virtuale” si ricevono e trasmettono informazioni all’interno di legami parentali, amicali, lavorativi oppure attraverso libri, giornali, blog ecc. Nel mondo “reale”, gli individui valutano l’attendibilità di una fonte per verificare la veridicità del messaggio. Nella maggior parte dei casi la fonte è una garanzia, perché conoscendola è possibile verificarne la veridicità; altre volte è rischioso, perché induce il lettore ad accettare passivamente il contenuto del messaggio solo perché emesso da una fonte credibile.

Nei social media, spesso ci si imbatte in alcuni canali informativi che trasmettono un messaggio semplificato e senza fonti (quindi il contenuto non può essere verificato). È una nuova forma di voci, che sono “le informazioni che circolano nel corpo sociale, ancora non confermate pubblicamente da fonti ufficiali ovvero smentite da queste” (Kapferer).

La voce appiattisce l’informazione rendendola meno complessa, ingigantisce alcuni particolari e aggiunge informazioni laddove ci sono vuoti narrativi: in questo modo distorce il reale. Ciò accade principalmente per due motivi:

  1. le voci fungono da calmante, riducendo l’incertezza (infatti, è più probabile che le voci si sviluppino durante una situazione di crisi, quando le persone sono sotto stress e insicure);
  2. gli individui ricostruiscono le informazioni, non le riproducono, perché organizzano la loro conoscenza del mondo sociale con degli schemi immagazzinati in memoria, i quali aiutano ad interpretare situazioni nuove collegandole a ciò che è familiare. Pertanto, le informazioni nuove vengono inevitabilmente deformate, come è descritto nello studio di Bartlett, e se non si ha la possibilità di verificare la fonte, allora non è possibile capire quali distorsioni sono state effettuate.

In realtà, le voci possono avere una fonte camuffata che le produce di proposito per una ragione specifica: ad esempio, un gruppo sociale, o una società commerciale, può incolparne un altro per la crisi diffusa. Questo particolare tipo di voci sono le teorie di cospirazione. Il miglior modo per distinguere in rete un’informazione reale da una voce, pertanto, è identificare la fonte e verificare la veridicità dei contenuti approfondendo l’argomento.

Maria Grazia CultreraImmagine1-300x289

Info

 

 

 

Bibliografia

Bartlett, F. C. (1932). Remembering, Cambridge, Cambridge University Press: trad. it. (1974) La memoria. Studio di psicologia sperimentale e sociale, Angeli, Milano.

Allport, G. W., & Postman, L. J. (1947). The Psychology of Rumor, New York: Henry Holt.

Shibutani, T. (1966). Improvised News: a Sociological Study of Rumors, Indianapolis, IN: Bobbs-Merril.

Kapferer, J. N., (1988) Le voci che corrono, Longanesi, Milano.

Hogg, M. A & Vaughan, M. G.(2010). Essentials of social psychology, Pearson Education Limited, United Kingdom.

Hovland, C. I., Lumsdaine, A. A., & Sheffield, F. D. (1949). Communication and Persuasion, Psychological studies on opinion change, Yale University Press.

 

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