Stepchild adoption: ecco i motivi per cui rappresenta una tutela per i minori d’età

 

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Dopo settimane di discussione, il 25 febbraio 2016, è stato approvato in Parlamento il DDL Cirinnà, con cui si legalizzano le unioni civili, permettendo alle coppie etero e omosessuali conviventi di avere una tutela giuridica equiparabile a quella data dal matrimonio. Il forte dibattito politico e culturale che ne è scaturito si è imperniato in particolare sull’opportunità o meno della stepchild adoption, ossia l’adozione del figlio “interno alla coppia” del convivente, alla fine esclusa dal disegno di legge. Ma sappiamo in cosa consiste effettivamente questo istituto giuridico, tipico di molte realtà giuridiche straniere e che in Italia è già consentito per le coppie sposate, e quali sono le reali conseguenze per i minori coinvolti?

La particolare ipotesi di stepchild adoption in discussione concerne la condizione dei figli delle parti dell’unione civile, attribuendo loro gli stessi diritti spettanti ai minori nati in costanza di matrimonio: si vuole estendere la possibilità di richiedere l’adozione o l’affidamento di minori ai sensi delle leggi vigenti, anche alle parti dell’unione civile, comprese quelle omosessuali, realizzando in questo modo una parificazione con le coppie di coniugi. Il riferimento è all’articolo 44 della legge n. 184/83 così come sostituito dalla legge n. 149/2001, che disciplina la cd. “adozione in casi particolari”, con la quale viene data rilevanza giuridica al rapporto tra il minore e le persone che già si prendono cura dello stesso, anche quando mancano i presupposti per l’adozione legittimante (ossia quella classica).

Le ipotesi in cui si può far ricorso a questo tipo di istituto sono tassativamente previste dalla legge e il loro presupposto fondamentale, è bene ribadire fin da subito, è l’assenso dei genitori dell’adottando, qualora siano in condizioni tali da fornirlo.

Tra i casi contemplati ci interessa quello che permette al coniuge l’adozione del figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge. Fermo restando valido il limite minimo di differenza di età fra adottante e adottato che deve essere di 18 anni, tale articolo prevede delle differenze rilevanti rispetto allo schema dell’adozione classica, prima delle quali è la possibilità per l’adottante di avere già figli legittimi propri.

Per poter dare il via alla procedura di questo particolare tipo di adozione bisogna presentare la domanda presso la cancelleria del Tribunale dei Minorenni del luogo di residenza dell’adottato. L’iter è articolato: saranno disposte una serie di indagini per stabilire se l’adozione è davvero nell’interesse del minore, se vi sono le condizioni necessarie e, a questo scopo, verranno coinvolti anche i servizi sociali; qualora si reputi non ci siano ostacoli all’adozione, bisogna verificare l’assenso di entrambi i genitori esercenti la potestà nei confronti di quel minore. Se uno dei due ha perso la potestà genitoriale o gli è stata sospesa il suo parere non è vincolante e il Tribunale potrà ugualmente pronunziare l’adozione, se conforme all’interesse del minore. Il genitore privo della potestà ha in ogni caso il diritto di impugnare il provvedimento emesso.

Affinché la procedura vada a buon fine, anche l’adottando maggiore di 14 anni dovrà esprimere il proprio assenso ad essere adottato, mentre se più piccolo, a cui è attribuito un rappresentante legale, ha comunque il diritto di essere sentito.

I legami con la famiglia di origine, e quindi con l’altro genitore e la famiglia di lui, permangono e l’adottante non acquista alcun diritto su eventuali beni del minore. Quest’ultimo, invece, è equiparato ai figli legittimi del nuovo genitore, ne prende il cognome aggiungendolo al proprio e concorre nella divisione ereditaria dei beni dell’adottante.

L’articolo 44 della sopracitata legge prevede che l’adozione in casi particolari, a differenza di quella ordinaria, può essere altresì revocata in ipotesi tassativamente previste dalla legge, vale a dire in presenza della commissione di reati da parte dell’adottato ultraquattordicenne nei confronti dell’adottante, del di lui coniuge e dei loro discendenti oppure dall’adottante nei confronti dell’adottato, del suo coniuge, degli ascendenti e discendenti, ovvero quando il genitore abbia violato i doveri di mantenere, istruire ed educare l’adottato.

In passato la stepchild adoption era ammessa solo tra coniugi, finché due sentenze pronunciate nel 2007 dal Tribunale per i minorenni di Milano e di Firenze, hanno esteso questa possibilità anche alle coppie di conviventi eterosessuali, ritenendo l’adozione conforme agli interessi del minore anche in assenza di un vincolo matrimoniale. Un ulteriore passo avanti è stato fatto dal Tribunale per i minorenni di Roma, che lo scorso 23 dicembre, confermando la precedente sentenza n. 299 del 30 giugni 2014,  ha riconosciuto per la prima volta in Italia il diritto di due donne conviventi ad avere la tutela della figlia dell’altra attraverso lo strumento sopracitato delle adozioni in casi particolari: grazie a questo provvedimento ciascuna bambina ha un genitore biologico ed un genitore sociale, entrambi con piena e pari capacità e responsabilità genitoriale. Ancora una volta è stato compito della giurisprudenza colmare le lacune legislative alla luce dei cambiamenti sociali, dando riconoscimento a un’esigenza percepita sempre più pressante.

Con l’introduzione della stepchild adoption, quindi, non si incentivano le normali adozioni da parte di coppie omosessuali né la discussa pratica della maternità surrogata, ma si regolarizza sotto il profilo giuridico un legame affettivo precedentemente instaurato tra il minore e il convivente del proprio genitore, come già la legge prevedeva per i coniugi e come la giurisprudenza ha previsto per le coppie di fatto eterosessuali e ora, anche omosessuali. Si parifica la posizione giuridica tra bambini con genitori coinvolti in una coppia di fatto agli altri e quelli con genitori coniugati.

Non si crea un nuovo rapporto ma si legittima una relazione di fatto già esistente. E questo in un’ottica di garanzia dei diritti del minore.

È importante rimarcare come l’adozione non è automatica ma viene disposta dal Tribunale per i minorenni dopo un’accurata analisi sull’idoneità affettiva, la capacità educativa, la situazione personale ed economica, la salute e l’ambiente familiare di colui che chiede l’adozione e dopo il parere favorevole dei genitori biologici del fanciullo, che ritengono l’adozione conforme all’interesse del figlio.

Il minore è adeguatamente tutelato proprio dalla necessità del parere positivo da parte di tutti i soggetti, anche istituzionali, coinvolti.

Posta la delicatezza del tema, collegato a convinzioni etiche e morali personali, è importante avere chiaro questo presupposto affinché la discussione relativa all’opportunità di un futuro provvedimento specifico al riguardo, già anticipata da numerosi esponenti politici, si trasformi in un confronto costruttivo, basato su opinioni attendibili e motivate.

Gaia Nova

Gaia Nova

 

Sitografia

http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00703433.pdf

https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_3_5_4.wp

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