Problemi di coppia: perché le relazioni finiscono sempre allo stesso modo?

 

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Questa è una delle domande che spesso riecheggiano nella mente di molti uomini e donne. Soprattutto quando qualcosa nelle relazioni, per l’ennesima volta, è andato storto. In linea teorica e generale, la psicologia offre diverse chiavi di lettura del perché tendiamo a ricercare – spesso inconsapevolmente – sempre lo stesso tipo di partner, anche se ci fa soffrire e ogni volta, inesorabilmente, finisce col lasciarci.

Ecco che in prima battuta arriva quindi in nostro soccorso lui, il padre fondatore della psicoanalisi: Sigmund Freud. Lo studioso aveva infatti notato come molte persone, nevrotiche e non, tendessero a creare le premesse per ripetere e rivivere episodi già vissuti in passato. Definì questa tendenza “coazione a ripetere” e spiegò che si trattava di un’attitudine, inconscia, che porterebbe l’individuo a mettere in atto situazioni dolorose, riproponendo inconsapevolmente, esperienze vissute durante l’infanzia. Tale ipotesi fu sostenuta da Freud nel suo testo: Al di là del principio di piacere in cui scriveva: «Esistono così persone le cui relazioni umane si concludono tutte nello stesso modo: benefattori che dopo qualche tempo sono astiosamente abbandonati da tutti i loro protetti (…) e che quindi paiono destinati a vuotare l’amato calice dell’ingratitudine; uomini le cui amicizie si concludono immancabilmente con il tradimento dell’amico (…) o, ancora, persone i cui rapporti amorosi con le donne attraversano tutti le medesime fasi e terminano nello stesso modo (…)» [Freud, 1920]

La seconda, fondamentale, teoria che ci aiuta a capire perché ci andiamo a cacciare sempre nelle solite relazioni complicate è una delle teorie fondamentali della psicoanalisi: la teoria dell’attaccamento di John Bowlby, il quale sostiene che la relazione madre-bambino sia di fondamentale importanza per uno sviluppo, fisico e psichico, sano ed equilibrato. Secondo Bowlby se un bambino percepisce la propria madre come un punto di riferimento stabile, sempre disponibile a dare certezze, si sentirà sicuro nell’esplorare l’ambiente senza paura e questo lo porterà ad istaurare relazioni con gli altri senza temere di soffrire. Tradotto in termini di coppia, se un ex bambino ha avuto attaccamento sicuro con la propria madre è molto probabile che abbia interiorizzato una rappresentazione di sé positiva, che lo porterà a pensare: “sono un individuo degno di amore, di cure e di protezione”.

Dopo questa teorizzazione, molti sono stati gli studiosi che hanno affermato l’esistenza dell’influenza tra l’attaccamento con la madre e le relazioni interpersonali. Una delle prime psicologhe a interessarsi di questo fenomeno fu Mary Main, che trovò una grande correlazione tra stile di attaccamento infantile, madre-bambino, e lo stile d’attaccamento adulto.

A questo proposito Grazia Attili nel suo saggio “Attaccamento e Amore” cerca di spiegare cosa si cela dietro la scelta del compagno o della compagna, non dimenticando di evidenziare l’esistenza di molteplici modi di amare che, spesso, possono essere stati influenzati dall’attaccamento primario, madre-bambino. Tuttavia, va ricordato, che tali teorie non possono essere considerate predittive della vita di ognuno di noi, ma sicuramente possono aiutare a far luce su alcune domande che ci poniamo continuamente riguardo alla nostre relazioni interpersonali. Gli individui hanno una chiara idea di chi sono, per cui cercano continuamente, anche se inconsapevolmente, relazioni con gli altri che confermino le opinioni che hanno di sé stessi e delle persone che li circondano. Per esempio: un individuo che crede di non essere degno di essere amato, è molto probabile che cerchi relazioni rifiutanti in modo da poter rispondere in modo positivo alla propria aspettativa, mentre, un individuo che si reputa degno d’amore, è molto probabile che cerchi un partner che risponda positivamente ai suoi bisogni. Tutto questo serve all’essere umano per mantenere una sorta di coerenza interna, in modo da non piombare nella crisi e nella confusione più totale. Per questo motivo molte volte ci capitano i medesimi episodi – pur vivendoli con persone diverse – proprio perché cerchiamo di avere relazioni con chi conferma e consolida l’opinione che abbiamo di noi stessi.

Insomma, forse, qualche volta sarebbe meglio non cercare situazioni che ci confermino quello che ci hanno detto che siamo, e avere il coraggio di sperimentare. Forse in questo modo potrebbe spezzarsi il ciclo dei corsi e ricorsi dell’infausto destino dei nostri amori.

Valentina Falanga

 

Bibliografia

Freud S., (1920), Al di là del principio di piacere, Mondadori, Milano.

Cocciolo L. Sala D., (1999), a cura di, Atlante della Psicoanalisi esplorare l’inconscio, Demetra, Verona.

Attili G., (2004), Attaccamento e Amore, il Mulino, Bologna.

Bowlby J., (1989), Una Basa Sicura, applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello Cortina, Milano.

Blandino G., (2009), Psicologia come funzione della mente. Paradigmi psicodinamici per le professioni d’aiuto. Utet università, Torino.

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