I volti della paura

Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno – Martin Luther King Jr, 1963

Cos’è la paura? È una reazione emotiva di difesa quando ci troviamo di fronte a un pericolo esterno, un attacco o una minaccia alla nostra integrità psichica e fisica e si manifesta con uno stato di allerta e insieme di disagio e inquietudine. Rispetto all’ansia e alle fobie è un fenomeno comune che spinge all’evitamento o alla fuga, e il cui scopo è la sopravvivenza (Picozzi, 2016). È accompagnata da una reazione organica, il cui responsabile è il sistema nervoso autonomo.  

Nello specifico, tutte le informazioni che ci giungono tramite i sensi passano dall’amigdala, una piccolissima struttura situata nel sistema limbico, l’area più antica del nostro cervello. Essa tiene sotto controllo tutto ciò che succede intorno e dentro di noi e qualora accadesse qualcosa attiva una serie di reazioni che nella paura si traducono in: aumento del battito cardiaco, inibizione della digestione e una eccessiva sudorazione (Gazzaniga, 2015). 

Numerosi studi (Morris et al., 1999) sugli umani hanno evidenziato che lesioni all’amigdala comportano una inabilità nel riconoscimento della paura nelle espressioni facciali delle persone. L’amigdalectomia bilaterale negli animali riduce notevolmente l’aggressività e la paura nei confronti di situazioni o animali minacciosi, nel raccontare eventi tragici senza provare alcun disagio. Altri esperimenti (Talarico, 2004) su umani e animali indicano che le memorie per gli eventi emozionali sono vivide e durature e questo vale anche e soprattutto per la paura. Questo perché i ricordi associati alla paura di episodi sgradevoli si formano rapidamente e persistono a lungo. Nonostante l’amigdala non sia il magazzino dei ricordi, riveste un ruolo importantissimo nell’arricchire il contenuto emozionale dei ricordi stessi (Gazzaniga M., 2015). 

In questo modo l’amigdala permette di comparare gli stimoli ricevuti con le esperienze passate, coadiuvando l’elaborazione di una risposta appropriata alla situazione, che può essere di lotta o di fuga. In queste circostanze aumenta la pressione sanguigna, il metabolismo cellulare, il glucosio nel sangue, la coagulazione sanguigna e l’attività mentale. Inoltre il sangue si concentra nei muscoli principali affinché abbiano l’energia per scappare, qualora fosse necessario, e l’adrenalina si propaga in tutto il corpo (ibidem). 

Reazioni di timore e paura, veicolate dalla reattività dell’amigdala, possono essere comuni negli uomini e seguire un percorso evolutivo nella trasformazione in paure o fobie specifiche, anche indipendenti da fattori culturali o sociali, come la paura del buio, degli spazi stretti, di animali o di persone che mostrano atteggiamenti aggressivi (Gray J.A., 2007). Nasciamo tutti quanti con due paure che definiamo ataviche, ovvero innate (Jeffrey Gray, 2007), che fanno parte del nostro patrimonio genetico e si palesano fin dai primi istanti di vita, ovvero la paura di cadere e quella dei rumori forti. In un esperimento del 1960 ideato da J. Gibson, alcuni infanti di età compresa tra i 9 e i 14 mesi vennero vennero posti di fronte ad un precipizio ottico, cioè un falso baratro creato con del plexiglas; la maggior parte si rifiutò di attraversare il ponte di plexiglas, manifestando un riflesso innato indispensabile per la sopravvivenza della specie. La paura e l’attività dell’amigdala sono essenziali per la sopravvivenza dell’essere umano, dal momento che sono un campanello d’allarme legato alla presenza di un pericolo e aiutano l’uomo ad affrontare situazioni per lui dannose (Gazzaniga, 2015). 

Cosa succede, però quando il pericolo non è reale?

La moderna epistemologia costruttivista, nelle parole di Watzlawich, osserva che «ognuno costruisce la realtà che poi vive o subisce» [Chiari, 2016] e questo, in concreto, si evidenzia nel caso delle persone con fobie specifiche. Se ci trovassimo, ad esempio, di fronte ad una persona che soffre di disordini fobici ella proverebbe paure rispetto a situazioni che vengono percepite come pericolose ma che tali non sono e che compromettono la sfera sociale, psichica e fisiologica dell’individuo. (Nardone, 2010). Come nell’ipocondria, in cui si ha paura di soffrire di una grave malattia basandosi su una interpretazione sballata di segnali o sensazioni corporee. Essa è assai più facile che insorga in chi ha sofferto precedenti problemi di salute per sé o per uno dei familiari (ibidem).

Ai giorni nostri oltre alle paure innate e a quelle patologiche se ne sono sovrapposte altre: incerte, sfumate, liquide come affermato dal sociologo Zygmunt Bauman (Bauman, 2008). Secondo Bauman si sta assistendo al disfacimento delle ideologie, del senso di appartenenza e ad un individualismo eccessivo. Bauman descrive la società moderna come liquida, senza punti di riferimento, nella quale il consumismo è sganciato dal piacere dell’oggetto, in cui gli uomini sanno cosa vogliono ma non sanno indicare i propri reali bisogni, le aspirazioni e i loro progetti. Il timore dell’instabilità economica, sociale, lavorativa scuotono le fondamenta della tranquillità personale e familiare; vi è costantemente la paura di perdere la posizione legata alla propria classe sociale, di genere e di religione e il timore di subire aggressioni in grado di minare l’incolumità personale: tutto ciò si fonde nel profondo dell’individuo, lasciando spazio ad un senso di angoscia e vulnerabilità. 

Il noto antropologo francese Marc Augé ha affermato che ci troviamo in un’epoca di crisi, non solo economica, ma identitaria, di genere, spirituale e, come tale, porta con sé delle buone soluzioni per superare tali impasse. È necessaria, secondo Augé, una lettura dell’esistenza umana sia da un punto di vista individuale che collettivo. I giovani oggi hanno la possibilità di studiare e, anche se non trovano immediatamente un lavoro, hanno condizioni di vita migliori che in passato. L’educazione generalizzata, la conoscenza e la curiosità, porteranno dei miglioramenti, magari a un modello che ribalterà completamente le priorità. Inoltre il ricostituirsi di un senso di fiducia nel prossimo diminuisce la sensazione di paura e disintossica la vita, aumentando lo scambio e l’incontro con chi è diverso da noi. Per cui è necessario trasformare l’angoscia in curiosità, poiché attraverso la conoscenza collettiva la paura diviene meno liquida, diviene gestibile (Auge, 2013).

 

Diego Corona

Info

 

 

 

Bibliografia

Auge M., Le nuove Paure. Che cosa temiamo oggi? Bollati Boringhieri, Torino, 2013

Bauman Z., Paura liquida, Ed. Laterza, Bari – Roma, 2008

Chiari G., Il costruttivismo in psicologia e in psicoterapia. Il caleidoscopio della conoscenza, Milano, Raffaello Cortina, 2016

Gray J. A., “The Neuropsychology of Anxiety: An Enquiry into the Functions of the Septo-Hippocampal System”, in Oxford Psychology Series,  Oxford University Press, Oxford, 2007

Gazzaniga M., Neuroscienze cognitive, Ed. Zanichelli, Bologna, 2015

Nardone G., Paura, panico, fobie, Ed. Tea, Milano, 2010

Picozzi M., Profiler, Sperling & Kupfer, Milano, 2016

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