Terapia EMDR e movimenti oculari. Di cosa si tratta?

Grafica realizzata da Manuela Pinduccio

Grafica realizzata da Manuela Pinduccio

Soprattutto dal secondo decennio del 2000 si sente parlare spesso di terapia EMDR, ossia la Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari.  Persino Chiara Ferragni, la nota influencer, ha dichiarato di essersi sottoposta a tale terapia , affermando di continuare a praticarla. Proprio sul suo profilo Instagram scrive:  “La terapia EMDR è pazzesca, ed in generale prendersi cura del nostro stato di salute mentale è il regalo migliore che ci possiamo fare per avere una vita più serena possibile ed andare oltre i nostri piccoli o grossi traumi”.

L’influencer fa riferimento alla parola “traumi”. Ma perché?

L’EMDR, è stata strutturata come metodo terapeutico nel 1989 da Francine Shapiro. E’ nata come una tecnica innovativa, che sfrutta i movimenti oculari da stimolazione bilaterale alternata, come quelli che facciamo quando dormiamo, in grado di facilitare e accelerare la desensibilizzazione e l’elaborazione di eventi traumatici disturbanti (Shapiro, 2000; Fernandez et al., 2011). E’ un approccio psicoterapeutico capace di trattare anche i sintomi più gravi del “trauma psicologico” o quelli provenienti da eventi di vita negativi, infatti tale trattamento è riconosciuto come tra i primi per i traumi, specie per i Disturbi da Stress Post Traumatico (PTSD), soprattutto sui veterani (APA, 2004; Bisson & Andrem, 2007) e anche sui bambini traumatizzati (De Jongh et al., 2019). 

Anche in questi casi l’evento traumatico viene rivissuto attraverso immagini o pensieri intrusivi, disegni, giochi e incubi riguardanti il trauma. La sofferenza che tutto questo genera porta a tentare di evitare questi ricordi, mostrando così intorpidimento emozionale, inibizione nel gioco, ritiro sociale e distrazione. Il dolore collegato all’evento traumatico è così forte da impedirne la rielaborazione, facendolo così conservare nella sua forma originaria, pronto ad essere stimolato quando qualcosa di simile si ripresenta per evocare una reazione spropositata allo stimolo del momento attuale. Anche in questo caso, il trattamento comincia con l’applicazione dell’EMDR ai vari traumi; ma a differenza di ciò che accade con gli adulti, il trattamento con i bambini sembra essere più efficace perché il cervello dei bambini ha meno canali associativi e quindi la procedura risulta essere più semplice e veloce (Verardo, 2006).

Il modello proposto da Shapiro (1995;2001), sul quale si basa tutta l’applicazione dell’EMDR, che ha come obiettivo quello di rielaborare dei ricordi che vengono definiti traumatici o anche totalmente negativi, può avere dei risultati positivi nel trattamento di più disturbi, che nascono da un immagazzinamento sbagliato o disfunzionale di informazioni o ricordi passati. Tali ricordi, che vengono definiti  traumatici, oltre ad essere stati immagazzinati in maniera disfunzionale, non sono stati elaborati; sono inoltre caratterizzati dall’attivazione di un alto livello di arousal (stato di attivazione emotiva), con sintomi conseguenti che si palesano nel presente, in quanto attivati da eventi attuali che vengono percepiti con delle sensazioni simili o legati all’evento passato traumatico o addirittura interpretati automaticamente tramite la lente che riporta a quello specifico evento passato.

L’EMDR è un metodo per il trattamento del trauma che potrebbe agire a livello neurofisiologico perché si basa sulla stimolazione alternata dei due emisferi cerebrali, mentre il paziente si focalizza sulle componenti del ricordo dell’esperienza traumatica. La terapia è infatti implementata attraverso un protocollo a tre dimensioni: presente, passato e futuro. Tale protocollo è articolato in 8 fasi che prevedono delle procedure standard, le quali vengono applicate per: 

  • la valutazione globale del quadro clinico; 
  • la preparazione del paziente; 
  • l’elaborazione di eventi passati; 
  • disturbi attuali e sfide per il futuro. 

Diverse terapie hanno dimostrato la probabilità che spesso il paziente arrivi in modo spontaneo a fare delle associazioni con esperienze positive che vanno verso il rafforzamento dell’immagine positiva su di sé. Questo vuol dire che il paziente ha cercato di ricollegare l’evento ad una prospettiva più adattiva per lui.

I movimenti oculari indurrebbero una risposta di rilassamento per mezzo della formazione reticolare o di altri meccanismi attivanti il Sistema Nervoso Parasimpatico, questa attivazione inibirebbe il Sistema Nervoso Simpatico, favorendo la sensibilizzazione della risposta ansiosa (Shapiro, 2000). La terapia EMDR porta a una normalizzazione dell’attività delle onde cerebrali lente nei due emisferi corticali e quindi, sostanzialmente, una risincronizzazione dei due emisferi (Nicosia,1994). Altri studi si sono invece concentrati sugli effetti dei movimenti oculari su determinate componenti della memoria, e hanno dimostrato una riduzione della vividezza delle immagini legate al ricordo traumatico, dei pensieri relativi a esso, dell’emozione collegata, con un’incremento della flessibilità cognitiva e della memoria episodica, oltre a vari cambiamenti fisiologici come il rallentamento del battito cardiaco e la riduzione della conduttanza dermica (Christman et al., 2003). L’EMDR condurrebbe anche a una normalizzazione dei livelli ematici di cortisolo, notoriamente alterati nel PTSD (Disturbo da Stress Post Traumatico) (Heber et al.,2002).

Le 8 fasi dell’EMDR

Il paziente mentre si concentra sullo stimolo interno, ovvero quello che per lui è l’evento traumatico, quindi sull’immagine o cognizione negativa di sé e sul punto specifico dove è localizzato il disturbo emotivo o il dolore che sente nel corpo, collegato all’evento traumatico,  segue contemporaneamente una stimolazione esterna che viene prodotta appunto tramite la stimolazione bilaterale alternata, a seguito della quale, dopo una serie di ripetizione, si nota una desensibilizzazione nei confronti dell’evento o ricordo traumatico. Le 8 fasi sono:

  1. l’anamnesi del paziente, fase durante la quale viene affrontata la sua storia;
  2. la preparazione del paziente: si costruisce un “posto sicuro” il cui obiettivo è far familiarizzare la persona con la stimolazione bilaterale attraverso movimenti oculari o tamburellamenti sulle ginocchia (tapping);
  3. individuazione delle componenti target: in questa fase si individuano le principali componenti connesse all’evento traumatico, come le emozioni che il paziente prova, le immagini che visualizza e come si sente nei confronti di tali sentimenti;
  4. desensibilizzazione:  l’obiettivo è quello di accedere al ricordo traumatico per ri-elaborarlo in connessione a reti più adattive; 
  5. installazione: si cerca di legare la cognizione positiva della fase precedente con il ricordo o l’immagine originale; 
  6. scansione corporea: si individua la parte del corpo in cui il paziente sente il dolore legato all’evento traumatico; 
  7. chiusura: durante questa fase si cerca di incoraggiare il paziente, chiedendo del percorso fatto insieme e rendendolo consapevole dei risultati raggiunti;
  8. rivalutazione: dopo qualche settimana, si ri-valutano le fasi precedenti per capire il grado di desensibilizzazione del ricordo. 

In conclusione, anche L’ISTSS (International Society of Traumatic Stress Studies), dopo una serie di valutazioni, ha confermato come L’EMDR sia efficace per i PTSD (Disturbo da Stress Post traumatico), dimostrando tramite le proprie linee guida che l’EMDR è supportata da una maggiore ricerca rispetto ad altre terapie. Infatti, gli studi (Marcus, Marquis, & Sakia, 1997; Wilson, Becker, & Tinker, 1997), hanno dimostrato e affermato, come dopo l’applicazione dell’EMDR alle sedute di psicoterapia, più dell’84% dei soggetti che avevano subito un trauma, non presentavano più i criteri diagnostici che li facevano rientrare nei PTSD.

Chiara ImbroglieraChiara Imbrogliera

Info

 

 

 

Bibliografia

American Psychiatric Association, (2004), “Practice guideline for the treatment of patients with acute stress disorder and post-traumatic stress disorder”, in Am J Psychiatry.

Bisson, J., Andrew, M., (2007), “Trattamento psicologico del Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS). In Cochrane Database of Systematic Reviews, 2007(3)

Christman, SD., Garvey, KJ., Propper, RE., Phaneuf KA., (2003), “Bilateral eye movements enhance the retrieval of episodic memories”, in Neuropsychology 17

De Jongh, A., Amann, B. L., Hofmann, A., Farrell, D., Lee, C. W., (2019), “The status of EMDR therapy in the treatment of post-traumatic stress disorder 30 years after its introduction, in Journal of EMDR Practice and Research, 13(4)

Fernandez I, Maslovaric G, Veniero Galvagni M., (2011), Traumi psicologici, ferite dell’anima. Il contributo della terapia con EMDR, Napoli, Liguori. 

Heber, R.,Kellner, M., Yehuda, R., (2002), “Salivary cortisol levels and the cortisol response to dexamethasone before and after EMDR: a case report”, in Journal of Clinical Psychological 58.

Marcus, S. V., Marquis, P., Sakai, C. (1997), “Controlled study of treatment of PTSD using EMDR in an HMO setting”, in Psychotherapy: Theory, Research, Practice, Training, 34(3)

Nicosia G. A., (1994), Mechanism for dissociation suggested by the quanitative analysis of electroencephalography, Sunnyvale CA, International MDR Annual Conference.

Shapiro, F., (1995), Eye movement desensitization and reprocessing: Basic principles, protocols and procedures, New York, Guilford Press.

Shapiro, F., Fernandez, I., Goldwurm, G. F., (2000), EMDR: desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari, Mc-Graw-Hill Italia.

Shapiro, F., (2001), Eye movement desensitization and reprocessing: Basic principles, protocols and procedures (2nd ed.), New York, Guilford Press.

Verardo, R. (2006), “Applicazione dell’EMDR con Bambini e Adolescenti”. Giornata di approfondimento a cura dell’Associazione per EMDR Italia, Milano.

Wilson, S. A., Becker, L. A., Tinker, R. H. (1997), “Fifteen-month follow-up of eye movement desensitization and reprocessing (EMDR) treatment for post-traumatic stress disorder and psychological trauma”, in Journal of Consulting and Clinical Psychology, 65(6).

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