La Cina è in marcia: la Nuova Via della Seta

Immagine realizzata da Tiziana Spinosi

Immagine realizzata da Tiziana Spinosi

Si chiama “One Belt, One Road” la nuova iniziativa promossa dal governo cinese, che punta a rafforzare il ruolo di Pechino in Asia Centrale e ad incrementare il commercio con il resto del continente asiatico e l’Europa attraverso la creazione di infrastrutture e tratte marittime. La proposta è stata presentata per la prima volta dal Presidente cinese Xi Jinping durante un discorso tenuto in Kazakhstan nel settembre 2013. Il progetto, noto anche come “Nuova Via della Seta”, allude alle antiche rotte commerciali che legavano la Cina della Dinastia Han all’Impero Romano e al Medio Oriente, intorno al I secolo a.C ed è volto alla promozione di una maggiore integrazione Eurasiatica e al perseguimento di alcuni specifici interessi della Repubblica Popolare Cinese.

Come funziona?
L’iniziativa “One Belt, One Road” (letteralmente “ Una cintura, una strada”), esattamente come l’antica Via della Seta, consiste nella creazione di due principali corridoi commerciali. Nello specifico, con “One Belt” si intende un percorso stradale e ferroviario che partendo dalla Cina passerà attraverso l’Asia centrale e il Medio Oriente fino ad arrivare nei Paesi Bassi (in rosso nella mappa); mentre “One Road” indica l’insieme delle tratte che arriveranno in Europa via mare, passando dall’Indonesia, dall’India, dalle coste orientali africane e approdando, infine, in Grecia o in Italia (in blu nella mappa).

nuova via della setaPer molti secoli la Via della Seta è stata sinonimo di prosperità e di buone relazioni commerciali ma anche politiche, di promozione della conoscenza e di incontro. Nella retorica attuale di Pechino questi elementi sono richiamati in modo esplicito, enfatizzando l’approccio “win-win”, ad indicare l’uguaglianza, la fiducia, l’impegno reciproco e i mutui vantaggi (Johnson, 2016). Il progetto ha cominciato a prendere forma nel 2014, con un particolare focus sulle infrastrutture quale strumento principale per lanciare le altre iniziative. Accanto alla costruzione di ferrovie, porti, strade, industrie, gasdotti e oleodotti, il progetto intende sviluppare istituzioni finanziarie, concludere accordi commerciali, promuovere scambi turistici e culturali e istituire forum multilaterali di cooperazione (Arase, 2015).

Per quanto riguarda i finanziamenti, nel 2014, durante un vertice dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), Xi Jinping ha annunciato la creazione di un fondo di 40 miliardi di dollari per finanziare il progetto, il Silk Road Fund (Johnson, 2016). In aprile, un primo investimento del Silk Road Fund è andato a beneficio del Pakistan, dove sono iniziati i lavori per la costruzione di un impianto idroelettrico. Esistono poi numerosi altri fondi per le infrastrutture e lo sviluppo della regione. Tra questi, il fondo della Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture (AIIB) di 100 miliardi di dollari e quello promosso dal Consiglio cinese per le Riforme e lo Sviluppo di 800 miliardi di dollari da erogare nei prossimi dieci anni (Meijnders, Van Der Putten, 2015).

Quali sono gli interessi della Cina?
Certamente l’iniziativa è motivata anche da alcune sfide che la Cina dovrà affrontare nei prossimi anni. Innanzitutto, la Via della Seta comporterà un ulteriore incremento nell’economia cinese, mantenendo alti i livelli di produzione. La Cina deve infatti prepararsi ad affrontare alcune sfide anche sul fronte economico: la crescita del PIL è ai minimi degli ultimi anni (+6.9% nel 2015 rispetto alla media di +10% negli ultimi 25 anni), il consumo di energia elettrica da parte delle imprese è troppo elevato e infine aumenta la concorrenza di altri Paesi emergenti che talvolta si rivelano più appetibili per gli investimenti europei e statunitensi. Il progetto mira dunque innanzitutto ad offrire una prima soluzione a questi problemi, sostenendo lo sviluppo di quelle regioni attualmente poco produttive e facilitando le esportazioni di prodotti cinesi (Minghao, 2015).

Inoltre, la nuova strategia rientra nella politica “March West” proposta da Wang Jisi, Preside della Facoltà di Scienze Internazionali di Pechino. Jisi ha sottolineato la necessità per la Cina di ribilanciare i suoi investimenti nelle regioni occidentali, periferiche e sottosviluppate, invece di concentrarsi unicamente sulle dispute nel Mar Cinese orientale. La promozione del commercio via terra permetterebbe a Pechino di risanare queste regioni, migliorandone lo sviluppo, riducendo la povertà e controllando il crescente scontento del movimento Uiguro nello Xinjiang. Quest’ultimo punto si collega ad un terzo interesse, cruciale per la Cina e per gli altri Paesi coinvolti: assicurare la sicurezza della regione e delle rotte commerciali. Negli ultimi anni infatti, non solo l’instabilità nella regione Eurasiatica è nuovamente aumentata a causa del terrorismo, del crimine organizzato e delle crisi in Medio Oriente, ma anche le rotte marittime sono diventate bersaglio della pirateria. Per questo Pechino ha un particolare interesse nel monitorare più accuratamente le dinamiche in Asia centrale e collaborare con l’Unione Europea per ridurre le minacce al commercio.

..e l’Unione Europea cosa ne pensa?
A giugno, l’Ungheria è ufficialmente diventata il primo Stato membro dell’Unione Europea a firmare un memorandum d’intesa con la Cina al fine di integrare l’iniziativa “One Belt, One Road” in quelle promosse da Budapest. Anche altri Paesi hanno iniziato a inserire il progetto cinese nelle proprie strategie commerciali e progetti finanziari, tra questi Francia e Polonia. Per quanto riguarda l’UE nel suo complesso, in occasione del vertice UE-Cina tenutosi il 29 giugno 2015, il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha sottolineato la disponibilità a collaborare con Pechino per questo progetto. In particolare, Juncker ha proposto di identificare meccanismi appropriati di cooperazione tra il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici e la “Nuova Via della Seta”, al fine di rilanciare la crescita economica europea e creare nuovi posti di lavoro nel settore delle infrastrutture. Nella risoluzione del 2 dicembre 2015, il Parlamento Europeo ha poi accolto con favore la proposta di istituire una nuova piattaforma per la connettività euro-asiatica e l’accordo politico di migliorare i collegamenti infrastrutturali strategici tra UE e Cina.

Rossana Moselli12957385_10205970624291718_256101737_n

Studentessa presso il Master in International Public Affairs alla Luiss di Roma

Laureata in Scienze Internazionali presso l’Università degli studi di torino e Sciences Po Bordeaux (FR)

Informazioni, contatti e articoli dell’autrice a questo link.

Bibliografia
Andornino G., Caffarena A. (2016), Prospettive del dialogo euro-asiatico, Osservatorio di Politica Internazionale, N. 118

Arase D. (2015), China’s Two Silk Roads: Implications for Southeast Asia, ISEAS (Institute of Southeast Asian Studies) Perspective, N. 2, Singapore

Johnson C. K. (2016), President Xi Jinping’s “Belt and Road” Initiative, Center for Strategic Studies & International Studies, Washington DC

Meijnders M., Van Der Putten F. (2015), China, Europe and the Maritime Silk Road, Netherlands Institute for International Relations

Minghao Z. (2015), China’s New Silk Road Initiative, IAI Working Papers 15/37, Roma

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