Preoccupazione sociale e criminalità: il carcere è la soluzione?

 

Il carcere è un tema scottante, la preoccupazione sociale rispetto alla criminalità è uno stato d’animo diffuso. Così la figura del detenuto si “arricchisce” di etichette sociali. Gli esempi sono molti, come si legge dai giornali: “I problemi delle carceri”, “Solo a noi i criminali. Agli altri no”, “Un luogo in cui morire”, “Una discarica sociale”.

Le poche soluzioni, la mancata o la cattiva informazione gettano i cittadini nello scompiglio. L’informazione ha, infatti, un ruolo notevole nel determinare la percezione del rischio, trasformando la divulgazione di eventi in amplificate notizie sensazionali.

Il senso di anomia e di preoccupazione sociale che caratterizzano le società portano il cittadino a considerare la giustizia penale l’unica reale garante per una convivenza sicura. Il carcere diventa il luogo dove internare il pericolo al fine di raggiungere una maggiore sicurezza che annienta la paura.

Sul piano criminologico si parla di “paura della criminalità”, le cui conseguenze psicologiche e sociali sono ben definite. Dal punto di vista concettuale si distingue tra “concern about crime” e “fear of crime”. Il primo richiama la preoccupazione generale che un fenomeno criminale possa diffondersi, il secondo riguarda più specificamente la dimensione personale della paura di esserne colpiti.

In Italia, in particolare, secondo una ricerca condotta da Amerio e Roccato nel 2005, il “concern about crime” è il più diffuso.

La paura, quindi, sembra dipendere dalle conseguenze psico-sociali comportate dal verificarsi di un crimine.

Se da un lato il carcere può essere considerato un luogo di contenimento e di tutela per i cittadini, dall’altro non può ridursi a questo.

Parecchi autori hanno riflettuto sul carcere come istituzione e sugli effetti che la detenzione ha sul condannato. Si pensi al criminologo T. Mathiesen, sostenitore dell’abolizionismo penale, che definisce “il carcere una delle più grandi e distruttive istituzioni della società”.

Al testo “Vite di Scarto” del sociologo Z. Bauman che descrive lo smaltimento dei “rifiuti della costruzione di ordine” da parte della società che vede il carcere come luogo dove relegare le cosiddette “Vite di Scarto”.

Ecco come, dalla preoccupazione sociale e dalla paura della criminalità, si passa ad una stigmatizzazione del detenuto. A tal proposito cito il pensiero del sociologo canadese E. Goffman che introduce il concetto di “Istituzione Sociale”.

Le Istituzioni Totali possiedono «un carattere inglobante, limitano la vita sociale e la le relazioni dell’individuo e costituiscono una sorta di ibrido sociale, il cui scopo è quello di essere luoghi in cui si forzano le persone a diventare diverse» Il detenuto, privato della propria autonomia, spogliato del proprio Sè, assume un ruolo e un’ etichetta: deviante. La devianza diventa una condizione, una struttura psicologica difficile da scardinare. Ed ecco la recidiva.La recidiva si ri-afferma. La preoccupazione sociale e la paura si diffondono ancor più forti.

La soluzione che potrebbe auspicare sempre meno recidiva, un minor etichettamento del detenuto nella veste di deviante a vita, una riduzione della preoccupazione sociale e della paura della criminalità potrebbe essere il “Ponte Oltre le Mura”. Questa metafora, espressa da Silvana Calaprice, sottoindende una tensione verso l’esterno da parte della realtà carceraria e un avvicinamento verso l’interno da parte della società.

Il Ponte oltre le Mura può realizzarsi. Da un lato i cittadini non più male informati e ignari di quello che possa essere un percorso riabilitativo e risocializzante che mira a ridurre la recidiva. Dall’altro i detenuti maggiormente coscienti della possibile inclusione sociale.

Cristiana De Porcellinis

 

Bibliografia

Calaprice, S., Si può ri-educare in carcere? Una ricerca sulla pedagogia penitenzaria, Edizione Giuseppe Laterza, Bari 2010

Campana, D., Condannati a delinquere? Il carcere e la recidiva, Franco Angeli, Milano 2006

Goffman, E., Asylums, le istituzioni totali. I meccanismi dell’esclusione e della violenza, Einaudi, Torino 1968

Mathiesen, T., Perchè il carcere?, Edizione Gruppo Abele, Torino 1996

Mosconi, G., Dentro il carcere, oltre la pena, CEDAM, Padova 1988

Travaini, V., Paura e criminalità, FrancoAngeli, Milano 2002

Sitografia

www.dmi.units.it/~borelli/papers/sara/polano

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