Genitori e stili educativi: come favorire lo sviluppo armonico dei propri figli?

 

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Immagine realizzata da Sara Vassalli

Molto spesso si sente dire che un bambino non ha un buon comportamento a causa dell’educazione ricevuta dalla famiglia, più precisamente in questi casi gli addetti ai lavori fanno riferimento agli stili educativi. Per stile educativo si intende la modalità con la quale il genitore, o chi ne fa le veci, entra in relazione con il bambino o adolescente; infatti le scelte che si compiono hanno profondi effetti, più o meno consapevoli, sullo sviluppo affettivo, sociale ed emotivo del soggetto.

Ma quali sono e in cosa consistono i vari stili? Un primo stile, particolarmente criticabile e oggi molto diffuso, è quello permissivo. Con questo termine si intende quella modalità educativa che tende appunto a permettere tutto: non vengono quindi imposte regole né limiti ai i soggetti in età evolutiva. Secondo il neuropsichiatra infantile Michael Winteroff questa modalità educativa è dannosa perché in questo modo il genitore rinuncia ad avere il ruolo di guida, di cui invece necessitano sia i bambini che gli adolescenti. Questo modo di agire deriva talvolta dalla paura del genitore di risultare vessatorio nei confronti del minore o da una difficoltà nel prendere decisioni. Questo stile inoltre non favorisce lo sviluppo dell’autonomia e dell’autostima, perché il genitore si fa spesso carico di compiti che il bambino potrebbe svolgere da solo.

Dal momento che il bambino non ha quasi mai richieste da parte del genitore, progredisce più lentamente anche nella capacità di autocontrollo. Per esempio alcuni genitori non pretendono che i bambini stiano seduti durante tutta la durata del pasto, per questo motivo quando il bambino arriva alla scuola elementare può trovare difficoltoso restare seduto per molte ore e il confronto con i compagni e i rimproveri della maestra possono minare la sua sicurezza. Con la crescita poi, l’adolescente può tendere a non rispettare le figure genitoriali, perché non le vede come fonti di autorità.

Lo stile educativo che la maggioranza degli studiosi, tra cui Baumirind e Maccoby e Martin ritengono migliore è quello autorevole. Questo stile implica, a differenza di quello permissivo, la definizione di regole chiare. In questo modo il bambino o adolescente sa quali siano i suoi diritti e i suoi doveri, inoltre sa con certezza che sarà punito nel caso in cui trasgredisca una norma, ma allo stesso tempo ha anche ampi margini di libertà e comprensione. Riguardo questo tema ormai ampiamente studiato, molti esperti hanno scritto dei manuali divulgativi; il manuale che sembra godere di maggiore diffusione è “I no che aiutano a crescere” della psicologa Asha Phillips. In questo libro l’esperta afferma che spesso i genitori oggi temono di provocare frustrazioni nei figli negando loro qualcosa, tuttavia dovrebbe essere ovvio che a volte occorra dire di “no”. Del resto l’autrice spiega che non si può pretendere che un bambino sappia gestirsi in modo autonomo, quindi al contrario di quello che si può pensare, acconsentire a tutto non coincide con fare il bene del bambino. Questo libro tuttavia è stato oggetto di alcune critiche, in cui si sostiene che l’autrice abbia banalizzato un argomento complesso.

Ovviamente l’argomento va chiarito entrando maggiormente nel dettaglio. Prima di tutto, non bisogna confondere lo stile educativo autorevole con quello autoritario. Quest’ultimo era la modalità educativa prevalentemente utilizzata dalle generazioni precedenti, quando c’era una concezione diversa dell’infanzia: infatti all’inizio del ‘900 l’infanzia non era vista come un periodo da valorizzare, ma una fase da superare più rapidamente possibile; all’opposto vi era un’idealizzazione dell’età adulta, ritenuta un periodo di compiutezza e solidità. Per questo motivo gli adulti tendevano ad imporsi con regole ferree, a prendere delle decisioni senza dare spiegazioni ai più giovani e spesso non si tenevano in alcuna considerazione i bisogni emotivi e le preferenze dei più piccoli. Erano inoltre reputate educative le punizioni corporali, che infatti sono state a lungo applicate anche nelle scuole. Più precisamente, la dottoressa Baumrind ha definito questa modalità come caratterizzata da una elevata “richiestività”, ossia il richiedere al minore più di quello che può effettivamente fare, e una bassa attenzione ai bisogni del soggetto. Questo stile educativo non è più ritenuto valido dalla studiosa, in quanto la distanza affettiva e le eccessive pretese nei confronti dei minori, hanno spesso come effetti sentimenti di ansia, frustrazione, bassa autostima.

La definizione di educazione autorevole è quindi articolata. Ovviamente non si può pensare che ci sia un unico modo di relazionarsi con bambini e adolescenti, altrimenti si può cadere nel cliché. Infatti il professor Belsky ha sottolineato che il tipo di relazione tra bambini e genitori cambia in base a molte variabili, tra cui le caratteristiche individuali dell’educatore e dell’educando, così come da numerose risorse contestuali.

Tuttavia ci sono delle linee educative generali che è bene seguire in modo da favorire lo sviluppo armonico delle potenzialità del minore:

  • Regole chiare, costanti e coerenti: Queste caratteristiche sono molto importanti perché permettono al bambino o adolescente di aver chiari i propri limiti in un’ottica di continuità. Talvolta infatti i giovani che crescono in un ambiente permissivo non sanno quali aspettative abbia il genitore nei loro confronti, e questo può causare una sensazione di confusione in quanto i soggetti in età evolutiva hanno bisogno di essere indirizzati e ricevere un contenimento. Inoltre è importante che le norme non cambino da un momento all’altro per non generare confusione. Infine bisogna ribadire l’importanza della coerenza: se si impone una norma deve valere sempre, se si iniziano a fare continue eccezioni allora la regola non avrà alcun valore.
  • Motivazione dei divieti: E’ bene che il genitore spieghi il motivo per cui viene vietata una cosa, questo è anche un momento nel quale al minore possono essere trasmessi i valori e le convinzioni del genitore. Inoltre è necessario spiegare le motivazioni del divieto in modo che il minore non abbia la sensazione di un’imposizione arbitraria da parte dell’adulto.
  • Chiarezza sui diritti del minore: E’ importante non porre la questione solo in termini negativi. Il soggetto in età evolutiva deve sapere che il genitore desidera la sua felicità. Quindi è fondamentale che l’adulto assecondi i desideri e le inclinazioni del giovane, quando questi sono costruttivi. Per esempio è necessario che il minore abbia del tempo da dedicare in modo ricreativo nella maniera che preferisce. Inoltre è giusto che il giovane abbia voce in capitolo in molte scelte. Non si può ad esempio imporre che il soggetto svolga un’attività (uno sport, il suonare uno strumento,…) esclusivamente in quanto desiderio del genitore. Piuttosto è corretto trasmettere al soggetto che si desidera che impieghi delle risorse in un’attività, ma lasciando a lui scegliere quale preferisce.
  • Punizioni certe ma limitate nel tempo e proporzionate alla situazione: Le punizioni possono essere considerate un efficace strumento educativo, ma soltanto se seguono alcune prescrizioni. Prima di tutto le punizione devono essere immediate, questo aspetto è fondamenta le soprattutto per i bambini piccoli per i quali in caso contrario perdono di significato. In secondo luogo le punizioni devono essere equilibrate quindi non devono essere protratte eccessivamente nel tempo, e neppure essere eccessive. Infine è importante ricordare che le punizioni devono essere un evento eccezionale, non ha senso quindi che siano troppo frequenti se non necessarie, altrimenti perdono di efficacia.
  • Grande attenzione ai bisogni emotivi e desideri del soggetto in età evolutiva: E’ importante che il genitore sappia ascoltare e conoscere il proprio figlio in modo da saperlo consigliare e supportare. La crescita è un processo complesso che spesso genera delle insicurezze; il genitore deve quindi cercare di intercettare e rispondere tempestivamente a questi bisogni.

Riassumendo, è necessario che le figure educative abbiano presente l’importanza dei limiti per una crescita positiva del soggetto, tuttavia non bisogna arrivare a conclusioni affrettate: l’educazione è un compito complesso e come tale va affrontato.

Chiara Buri12891677_889065377878355_1306293413671693320_o

Info

 

 

 

Bibliografia

Baumrind , Effects of autoritative parental control on child behavior, Child develompment , p.887-907

Chiosso, G., (2012), Novecento pedagogico, Editore La Scuola, Brescia

Maccoby E.,  Martin J. A. (1983), “Socialization in the context of the family: Parent–child interaction”. In Socialization, personality, and social development, vol. 4

Mariani, A., M., (2006), La scuola può fare molto, ma non può fare tutto, Società editrice internazionale, Torino

Phillips, A., (2013), I no che aiutano a crescere, Feltrinelli editore, Milano 

Whinteroff, (2010), Figli o tiranni?, Tea editore, Milano

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