L’autobiografia: tra formazione e cura

autobiografia

L’autobiografia è una pratica che consente di ritrovare sé stessi e di tessere il filo della nostra vita, allineando e mettendo in ordine le nostre memorie. Allo stesso tempo è un invito a ricominciare perché, dopo essere tornati con la mente e le emozioni al passato, possiamo intravedere una rinnovata speranza per il futuro. 

L’autobiografia come atto formativo 

L’autobiografia può essere considerata come un’avventura formativa (Sarsini, 2005), poiché rappresenta un cammino interiore nel quale possiamo prendere coscienza del nostro percorso esistenziale e perché illumina una nuova direzione di cambiamento. Quindi è un iter formativo che accompagna la caduta e la rinascita di sé e che permette di darsi una nuova forma, rigenerando il nostro presente.

In questo senso, la scrittura autobiografica, come sollecitazione maieutica a riflettere su sé, diventa uno spazio e tempo per se stessi che risulta pedagogico. Infatti, l’emozione della tregua interiore, come esito finale dell’autobiografia, genera una sensazione di pienezza ed integrità, perché aiuta a sviluppare l’identità personale grazie alla connessione delle nostre diverse parti del nostro sé in una sintesi intellettuale ed emotiva (Demetrio, 1995). 

L’autobiografia come cura 

Il tema della cura di sé, promosso sin dalla cultura classica e sviluppato nei secoli dalla filosofia e dalla pedagogia, è legato all’arte dell’esistenza e alla cultura del sé, che intensifica e valorizza il rapporto con se stessi (Foucault, 2007). In tal senso, il paradigma pedagogico propone l’autobiografia come pratica di cura di sé, in quanto è conoscenza, indagine, esplorazione e dialogo con se stessi, ma anche una tecnologia del sé e strumento di lavoro di cui ci possiamo dotare, per guardare al nostro viaggio esistenziale e formativo (Demetrio, 2003).

Tale attività è stata sviluppata nel corso dei secoli da diversi autori, come ad esempio: Sant’Agostino (primo grande autobiografo dell’età cristiana), Rousseau (fondatore dell’autobiografismo pedagogico e protagonista del romanzo di formazione), Montaigne, Proust, Hesse, Wilde, Sartre, de Beauvoir, Husserl, Heidegger. 

Fare autobiografia 

Fare autobiografia comporta un grande impegno e coraggio e per questo risulta fondamentale cercare un luogo e un tempo adatto da dedicare a tale operazione, in quanto questa arte di pensarsi richiede di raccogliersi in silenzio e necessita di chiarezza e concentrazione (Demetrio, 2012 e Demetrio, 2018). 

La scrittura dell’autobiografia non prevede regole rigide ma è comunque necessario seguire una sorta di trama, con l’evolversi di un prima e un dopo, inserendo, se vogliamo, anticipazioni, flashback e finestre descrittive o note psicologiche e filosofiche. Allora, per non agire nel caos, è importante costruire una specie di architettura, per andare all’essenza delle cose e chiedersi su cosa si basi il percorso della nostra vita. Così può divenire progettuale, non come nostalgia ma come sistematica ricerca dei propri ricordi da fissare sulla pagina. 

Per facilitare la stesura della nostra autobiografia possiamo partire dalla creazione di una lista di pagine, come ad esempio: la pagina delle persone chiave, delle emozioni, degli oggetti, dei paesaggi, degli amori, dei dolori, delle rinunce, delle prove superate e fallite, delle responsabilità assunte, delle trasgressioni, dei viaggi, dei sogni, degli ideali e così via. A queste pagine vanno aggiunti i nessi, gli incastri e l’insieme delle connessioni che consentono il racconto e l’intrecciarsi della nostra storia. Successivamente, possiamo operare una suddivisione temporale di carattere cronologico incrociando il contenuto delle pagine con le età, costruendo uno schema con caselle (Demetrio, 1995). 

Inizia da qui l’avventura della scrittura vera e propria della nostra storia di vita, che può assumere declinazioni diverse: romanzo personale, novella intimistica, reportage, racconto in prosa poetica, breve saggio filosofico, cronaca esperienziale, memoriale o diario intimo. 

L’autobiografia può educare?

L’autobiografia ha una forte potenzialità educativa, perché è un esercizio critico che si inserisce nell’ampia gamma delle metodologie della formazione. In particolare, essa può essere considerata educativa (Demetrio, 1995) perché:

  • sollecita alla lettura e moltiplica curiosità e interessi, avvicinando alla letteratura, alla storia e alle scienze umane;
  • educa alla formazione di una mentalità filosofica e scientifica, poiché da una parte risponde alla domanda su chi siamo e dall’altra è un’operazione sistematica che indaga nella nostra memoria e in quella degli altri, formulando indizi, ipotesi ed elaborazioni;
  • educa alla narrazione, alla comunicazione e allo sviluppo della creatività;
  • educa al rispetto per le differenze, alla valorizzazione e alla solidarietà verso gli altri, rappresentando un genere democratico e imparziale che ascolta e dà voce a tutti;
  • aiuta a coltivare una pedagogia della memoria; 
  • allena all’empatia e può alleviare solitudini e prevenire il disagio, grazie alla sua facoltà relazionale;
  • educa ad una forma mentis da mettere in campo in ogni ambito della nostra vita, risultando utile non solo come competenza scolastica ma come competenza esistenziale e come pratica di vita.

L’autobiografia a scuola 

Da un punto di vista pedagogico e dato il carattere multidisciplinare dell’autobiografia, introdurre momenti di racconto di sé a scuola è strumentale e propedeutico ai programmi di insegnamento, anche se spesso questa attività viene ridotta a gioco di socializzazione per conoscersi prima di passare a questioni ritenute più serie. Inoltre crea un clima di benessere, fondamentale per evitare il rischio della dispersione scolastica, poiché gli alunni possono sentirsi più capiti e sostenuti, entrando maggiormente nel cuore degli insegnanti. 

Alcune critiche sostengono invece che l’autobiografia non sia consigliata per i bambini per due ragioni principali: la poca esperienza di vita e la visione di autobiografia come atto individualistico che esclude gli altri (Demetrio, 1995). In realtà l’autobiografia non inibisce ma facilita le relazioni umane e rinforza i legami, perché accogliendo la nostra storia di vita, siamo più predisposti ad accogliere anche quella altrui. Infatti, affrontando a scuola le tematiche autobiografiche è possibile crescere affettivamente insieme ai compagni e agli insegnanti creando così un gruppo solidale senza pregiudizi, in quanto il racconto di sé non prevede correzioni, giudizi e valutazioni. 

Mettere al centro l’autobiografia costituisce, inoltre, un progetto di pedagogia autentica che valorizza l’etica e la responsabilità, fondata sullo sviluppo della consapevolezza dei propri pensieri e azioni, che insegna a stare nel divenire, nell’incertezza e nella complessità del mondo contemporaneo. Per queste motivazioni è auspicabile che nelle scuole la pratica dell’autobiografia diventi sempre più diffusa, sia ritagliando dei momenti specifici durante l’orario scolastico facilitati da insegnanti formati in tal senso, sia contattando formatori autobiografici esperti, ma anche attivando dei laboratori extra-scolastici. 

Quindi a seconda del grado scolastico e della modalità scelta, è possibile creare diverse opportunità formative, come ad esempio quelle proposte dalla Libera Università dell’Autobiografia: 

  • lo sviluppo di una pedagogia delle emozioni, soprattutto durante i laboratori, anche con l’aiuto della musica;
  • l’utilizzo alla Scuola d’Infanzia di un gioco autobiografico, come Il gioco della vita, pensato da Duccio Demetrio (1999);
  • la realizzazione di un diario di classe costruito insieme all’insegnante;
  • la condivisione della propria storia da parte degli alunni stranieri in un’ottica interculturale;
  • la scrittura epistolare tra bambini e nonni in una prospettiva intergenerazionale, anche in collaborazione con le biblioteche scolastiche (in particolare alla Scuola primaria);
  • la produzione di una rivista che integri scrittura autobiografica ed educazione civica nelle Scuole secondarie di primo e secondo grado;
  • il ripensamento del proprio percorso scolastico in quinta superiore, come orientamento per le scelte formative e professionali future. 

L’autobiografia allora, come pratica auto-riflessiva e interpretativa di emozioni, esperienze e azioni (Sarsini, 2005), aiuta a comprendere se stessi e a dare forma, senso e significato alla vita vissuta, per non rimanere ancorati all’immediatezza esistenziale, ma anzi per porsi come progettualità in divenire. 

 

Agata ParisiAgata Parisi

Info

 

 

 

Bibliografia 

De Beauvoir S., Memorie di una ragazza perbene, Torino: Einaudi 2014

Demetrio D., Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di sé, Milano: Raffaello Cortina, 2003

Demetrio D., I sensi del silenzio. Quando la scrittura si fa dimora, Milano: Mimesis, 2012

Demetrio D., Il gioco della vita. Kit autobiografico. Trenta proposte per il piacere di raccontarsi, Milano: Guerini, 1999

Demetrio D., La scrittura è silenzio interiore, Roma: Lit, 2018

Demetrio D., Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Milano: Raffaello Cortina, 1995

Foucault M., La cura di sé, Milano: Feltrinelli, 2007

Sarsini D. (a cura di), Percorsi dell’autobiografia. Tra memoria e formazione, Milano: Unicopli, 2005

Sartre J. P., Le parole, Milano: Il Saggiatore, 2011

Schopenhauer A., L’arte di conoscere se stessi, Milano: Adelphi, 2003

Sitografia 

http://lua.it/

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