Andragogia: gli adulti imparano come i bambini?

Malcolm Knowles definisce l’andragogia come l’arte e la scienza di aiutare gli adulti ad apprendere. La tesi centrale è che le esperienze e le strategie dell’adulto che impara sono diverse da quelle dei bambini e ragazzi e di conseguenza non è sufficiente trasporre i principi pedagogici alla formazione degli adulti, ma sono necessari metodologie, docenti e assunti filosofici differenti (Knowles et al., 2008).

La teoria andragogica di Knowles sottolinea, quindi, il legame inscindibile che intercorre tra esperienza e apprendimento degli adulti e sottolinea il bisogno di individualizzare e personalizzare i percorsi formativi in base alla biografia e alla storia di vita dei soggetti.

Quando nasce l’andragogia? Chi è Malcolm Knowles?

Il termine andragogia è stato coniato nel 1833 da un maestro elementare tedesco, Alexander Kapp, ma fu un formatore degli adulti jugoslavo, Dusan Savicevic, a introdurre il concetto e il nome negli Stati Uniti nel 1967. Nell’aprile del 1968 Malcolm Shepherd Knowles scrisse l’articolo “Androgogy, not Pedagogy”, rimarcando la differenza tra andragogia e pedagogia.

Ad oggi Knowles è considerato uno dei più autorevoli studiosi dell’apprendimento degli adulti e il padre dell’andragogia negli Stati Uniti. Nelle sue opere, oltre a proporre i principi teorici che stanno alla base dell’insegnamento agli adulti, fornisce indicazioni concrete per la progettazione del lavoro formativo e la gestione delle diverse fasi della formazione.

Perché è importante parlare di educazione degli adulti?

Gli studi di Knowles hanno coinciso con l’affermazione del paradigma dell’apprendimento lifelonglearning (Federighi, 2013). Infatti, l’educazione degli adulti dovrebbe realizzarsi nell’ambito di una società dell’educazione che guardi allo sviluppo umano come valore primario e universale, dove la formazione dovrebbe essere globale, autentica, libera. (De Sanctis, 1975). 

Il diritto allo studio e alla formazione in età adulta è la condizione imprescindibile per la salvaguardia dell’identità del cittadino del XXI secolo che, nell’epoca del postmoderno e della globalizzazione, da una parte perde punti di riferimento e assiste ad una accelerata obsolescenza dei saperi e delle competenze, dall’altra si apre ad un continuo rinnovarsi e ridefinirsi della propria identità cognitiva, emotiva, sociale, personale e professionale (Bocchi e Ceruti, 2004). La formazione intellettuale, cognitiva, emotiva e professionale rappresenta quindi uno strumento di democrazia, di sviluppo e di pace che permette ai soggetti di acquisire capacità, potenzialità, consapevolezza, autonomia e responsabilità. 

I sei principi fondamentali dell’andragogia 

Il modello andragogico (Knowles et al., 2008) è sintetizzato in sei principi fondamentali: 

  1. Il bisogno di sapere. Prima di impegnarsi ad apprendere qualcosa, gli adulti hanno l’esigenza di sapere perché lo debbano apprendere. Quindi il primo compito del facilitatore dell’apprendimento è aiutare i discenti ad avere coscienza del bisogno di sapere, ad esempio puntando sul valore e sui vantaggi dell’apprendimento per migliorare l’efficacia delle prestazioni o la qualità della loro vita. 
  2. Il concetto di sé. Gli adulti hanno un concetto di sé come persone responsabili delle proprie decisioni e della propria vita e di conseguenza sviluppano un profondo bisogno di essere considerati come persone capaci di gestirsi autonomamente, altrimenti potrebbero opporre una certa resistenza all’apprendimento. Accade spesso che mentre gli adulti apprendono ritornino ai condizionamenti appresi nelle loro precedenti esperienze scolastiche e ad una situazione di dipendenza. I formatori degli adulti dovrebbero creare dei momenti e delle esperienze di apprendimento nelle quali gli adulti si trasformino da discenti dipendenti a discenti autonomi. 
  3. L’esperienza pregressa. Il gruppo dei discenti adulti ha una gamma di peculiarità individuali più ampia rispetto ad un gruppo di giovani, in termini di background, stile di apprendimento, motivazione, bisogni, interessi, obiettivi. Quindi va posta molta attenzione alla personalizzazione delle strategie di insegnamento e apprendimento. Inoltre molte risorse per l’apprendimento risiedono negli stessi discenti adulti e di conseguenza è necessario mettere l’accento sulle tecniche esperienziali e non sulle tecniche trasmissive. In questo senso le attività peer to peer rivestono una grande importanza. La maggiore esperienza, però, può portare anche ad alcuni effetti negativi, in quanto possono svilupparsi pregiudizi e abitudini intellettuali. I formatori allora dovrebbero aiutare gli adulti ad aprirsi ad idee e visioni nuove. Inoltre per gli adulti l’esperienza è ciò che essi sono. Pertanto, se nella formazione le esperienze degli adulti sono sottovalutate o negate, essi percepiranno non solo un rifiuto delle loro esperienze ma anche di loro stessi in quanto persone. 
  4. La disposizione ad apprendere. Gli adulti sono disposti ad apprendere ciò che hanno bisogno di sapere e saper fare, per fronteggiare adeguatamente le loro situazioni di vita reali. Sarà utile allora sincronizzare le esperienze di apprendimento con i compiti evolutivi della persona. 
  5. L’orientamento verso l’apprendimento. L’orientamento all’apprendimento degli adulti è centrato sui compiti, sui problemi e sulla vita reale in generale. Gli adulti apprendono nuove conoscenze, capacità, abilità, valori atteggiamenti soprattutto se questi sono presentati nel contesto della loro applicazione alle situazioni di vita. 
  6. La motivazione ad apprendere. Gli adulti rispondono a motivazioni esterne (lavoro migliore, promozioni, aumenti salariali etc.) e a motivazioni interne (soddisfazioni professionali, autostima, qualità della vita, etc.). Le motivazioni interne sono le motivazioni più potenti e quindi la formazione dovrà concentrarsi soprattutto su quest’ultime.

Come possono essere applicati questi principi? 

L’adulto è un soggetto con particolari caratteristiche cognitive e pertanto richiede un apparato concettuale e metodologico che tenga conto delle particolarità che lo contraddistinguono (Demetrio, 1996). Applicare i sei principi andragogici richiede dei modelli di progettazione, di comunicazione e di metodologie attive capaci di valorizzare l’esperienza dei soggetti. Attività che richiedono la presenza di formatori competenti e qualificati, che mettano in atto procedure capaci di facilitare l’apprendimento, anziché limitarsi a trasmettere le conoscenze in modo passivo e unidirezionale. 

Facilitare l’apprendimento significa:

  • preparare il discente all’apprendimento (ad esempio fornire informazioni, aiutare a sviluppare aspettative realistiche, preparare alla partecipazione);
  • assicurare un clima favorevole all’apprendimento dal punto di vista delle strutture, delle risorse e dell’organizzazione;
  • favorire la progettazione didattica condivisa tra il formatore e i discenti;
  • diagnosticare i bisogni di apprendimento attraverso una valutazione condivisa;
  • formulare contenuti adeguati ai bisogni; 
  • progettare modelli di apprendimento basati sulle esperienze e secondo la disposizione ad apprendere; 
  • gestire l’attività di formazione, realizzando le esperienze di apprendimento con tecniche e materiali adatti;
  • valutare i risultati dell’apprendimento ed eventualmente diagnosticare nuovamente i bisogni.

Inoltre risulta importante anche il riconoscimento delle qualifiche e competenze già possedute e in via di perfezionamento, a livello sia personale che professionale. Per questo la formazione degli adulti dovrebbe prevedere un percorso didattico estremamente flessibile nei contenuti, moduli, livelli di raggiungimento di conoscenze certificabili, ma anche nei tempi, luoghi, costi e ritmi di studio. Questo significa costruire interventi intenzionalmente formativi che non limitino l’intervento formativo a un fine esclusivamente utilitaristico ma che mirino a cogliere la complessità dell’apprendimento, in funzione di una crescita che non è solo professionale ma anche personale. 

L’educazione degli adulti allora, che guarda ad una educazione permanente, si rivela essere un sostegno e un supporto per il soggetto-persona, a prescindere dal livello culturale, professionale o dallo status sociale e per questo può rappresentare una forma di creatività, equità, inclusione e coesione sociale, ma soprattutto di cittadinanza attiva.

Agata ParisiAgata Parisi

Info

 

 

 

Bibliografia

Bocchi G., Ceruti, M., Educazione e globalizzazione, Milano, Raffaello Cortina, 2004

De Sanctis F. M., Educazione in età adulta, Firenze, La Nuova Italia, 1975

Demetrio D., Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé. Milano, Raffaello Cortina, 1996

Federighi P., Liberare la domanda di formazione, Roma, Edup, 2006

Federighi P., Adult and continuing education in Europe, Lussemburgo, Unione Europea,  2013

Knowles M. S., Holton E. F., Swanson R. A., Quando l’adulto impara. Andragogia e sviluppo della persona, Milano, Angeli, 2008

Sitografia

http://www.irma.ba.cnr.it/FORI2008/Docs/02%20Educazione%20degli%20adulti.pdf

http://nuovadidattica.lascuolaconvoi.it/agire-organizzativo/14-self-directed-learning/malcom-knowles/

One Reply to “Andragogia: gli adulti imparano come i bambini?”

  1. E’ la prima volta che leggo qualcosa sull’Andragogia.
    Il testo molto chiaro, anche a me che non conosco l’argomento, e sintetico, mi ha dato la possibilità tuttavia di avere un quadro chiaro di un argomento che trovo molto interessante.
    Le indicazioni biblogtafiche sono preziose.

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