Caso Aldrovandi: applausi ai poliziotti condannati, cosa c’è dietro?

 

Federico Aldrovandi è il diciottenne Ferrarese che fu ucciso la notte del 25 Settembre 2005 da quattro poliziotti in servizio, i quali, dopo l’iter giudiziario, vennero condannati dalla Corte di Cassazione il 21 giugno 2012 per “eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi”.

Nei giorni scorsi, al Congresso nazionale del Sindacato Autonomo di Polizia (SAP) svoltosi a Rimini, tre dei quattro agenti condannati (Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani) sono stati accolti da cinque minuti di applausi e standing ovation dei presenti. Tale gesto assume significato di sostegno e solidarietà a quattro agenti pregiudicati per omicidio alimentando, nell’intera popolazione, un forte senso di indignazione. Nonostante la bufera mediatica scatenatasi in conseguenza, continuano ad arrivare dichiarazioni difensive come quella del portavoce del Sap Massimo Motebove: “Abbiamo sempre sostenuto i nostri colleghi e lo abbiamo fatto anche oggi con un lungo applauso di solidarietà umana. Secondo noi quel processo non ha raccontato la verità”. Cosa può spingere un individuo a legittimare, sostenere e porre sulle difensive casi di questo tipo?

E’ stata empiricamente rilevata, nell’ambito delle interazioni intergruppo (studi di Tajfel, 1971), la possibilità che nei soggetti emerga una tendenza, nota come “Ingroup Bias”, a favorire e valorizzare l’ingroup (“gruppo di appartenenza”: in questo caso il corpo di Polizia) a discapito dell’outgroup (gruppo di non-appartenenza: giudici, associazioni e comitati in difesa di Aldrovandi). Come si può spiegare e da cosa è motivata questa tendenza? Ogni soggetto in un contesto gruppale, ci dice Tajfel, possiede una propria Identità Sociale, ovvero “quella parte della concezione di sé di un individiuo che deriva dalla consapevolezza di essere membro di un gruppo sociale, unita alle emozioni associate a tale appartenenza e alla valutazione di sé ricavabile dall’essere parte di un gruppo”.

In questa logica l’asimmetria valutativa caratterizzante l’Ingroup Bias, dunque il “sostenere incondizionatamente i colleghi condannati in via definitiva rivendicando la loro innocenza, è esperita come necessità di rafforzare la propria autostima: i comportamenti che permettono al proprio gruppo di differenziarsi positivamente da un outgroup garantiscono ai membri dell’ingroup un’elevata stima di sé e, allo stesso modo, una differenziazione negativa rappresenterebbe una minaccia della stessa. E’ possibile, dunque, che la standing ovation in questione assuma connotati difensivi espressi attravrso la tendenza a far emergere positivamente il gruppo “Polizia” tra le accuse, rafforzando l’Identità Sociale di ogni componente del gruppo ed elevando così la propria considerazione di sé.

Possiamo concludere, pertanto, affermando che dietro lo scoop sui “Cinque minuti di applausi” è possibile ci siano dinamiche intergruppo più complesse e, quella sopra discussa, ne rappresenta una plausibile prospettiva.

Roberto Gammeri0c74877

Info

 

 

 

Bibliografia

Amerio P. (2007), Fondamenti di Psicologia Sociale, Bologna, Il Mulino

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