Diritto d’obiezione o obiezione di un diritto?

 

immagine di: Martina Lofrinch

Immagine realizzata da Martina Lofrinch

C’è un confine non ancora ben demarcato tra il diritto di una donna di abortire e il dovere del medico di provvedere qualora sia obiettore di coscienza. Una diciannovenne si sottopone per sua volontà ad un intervento di interruzione di gravidanza per il pericolo di malformazione del feto, entra in sala operatoria e ne esce priva di vita, alcune ore dopo, senza spiegazioni certe. La vicenda tragica ha riaperto nuovamente il dibattito sull’opportunità di tale intervento, sulle motivazioni che portano a compierla, sulla legge che giustifica la pratica abortiva e sul diritto o dovere del medico di procedere. Questa volta nei salotti televisivi e nelle occasioni di dibattito si è andati oltre il solito argomentare sulla necessaria ricerca della verità dei fatti, mediatica e/o giuridica che sia o del bisogno di trovare responsabilità o responsabili.

Ma, se esiste una legge in merito? E cosa dice?

A tal proposito va fatta chiarezza: esiste una legge italiana del 1978, n. 194, che si occupa dell’interruzione volontaria di gravidanza, riconoscendo questa scelta come un diritto proprio di ogni donna. Tale legge è stata poi confermata dal popolo che ha votato contro la sua abrogazione in un referendum del 1981. L’incipit della legge è chiaro “Lo Stato […] riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio” per cui, senza voler incidere sul controllo delle nascite, tenta nel difficile compito di mediare tra l’interesse alla vita del futuro nascituro e l’interesse della madre, nel tentativo di preservare entrambi.

A tutela del primo è previsto che l’aborto non possa avvenire dopo i 90 giorni di amenorrea (ultima mestruazione), se non nei casi gravi espressamente normati dalla suddetta legge, è garantito inoltre che la scelta della donna sia consapevole, sia dettata da esigenze gravi e da problematiche profonde, siano esse psicofisiche o economiche, familiari o sociali tali da non permettere di godere di uno dei momenti più importanti della vita: la gravidanza, la nascita. Tale scelta dopo essere stata maturata privatamente, nella sfera dei propri affetti o della propria intimità, viene anche discussa con il personale medico e con la struttura socio-sanitaria di riferimento: con la donna, ed eventualmente anche con il padre si tenterà di cercare una soluzione ad eventuali problematiche ostative alla nascita.

L’aborto diventa, in sostanza, l’extrema ratio alla quale ricorrere dopo aver ricevuto il supporto e le informazioni necessarie per compiere una scelta “informata” delle alternative e dei rischi. Chi parla di una legge che legalizza l’omicidio e del necessario dovere del medico di astenersi dal compiere tale atto, non ha ben a mente che l’obiettivo è sempre quello della tutela della salute umana, non di favorire o incentivare l’aborto o porre fine ad una vita. La scelta dei 90 giorni di tempo non è casuale, ma ben ponderata dal legislatore, che tiene conto del fatto che fino a 90 giorni il prodotto del concepimento è ancora embrione, dopodiché diventa feto a tutti gli effetti. Sarebbe interessante, a tal proposito, citare dottrine islamiche che pur ritengono la pratica abortiva possibile ma solo fino a che “con un soffio, Dio non abbia infuso la vita” (Atighetchi, 2009) trasformando un grumo di sangue in una persona. Come se fino a quel momento non parlassimo ancora di un essere umano per cui il problema morale di uccidere una persona non sussiste di fatto.

Anche Roberto Saviano, pochi giorni dopo la morte della giovane ragazza, ha messo in evidenza come la possibilità di abortire, spesso sofferta, dolorosa e necessaria, possa trovare un ostacolo nella pratica sempre più diffusa per il medico e il personale sanitario ausiliario (ostetrica, infermiere) di sollevare l’obiezione di coscienza. La legge prevede che tale obiezione vada esercitata con preventiva dichiarazione, da comunicare al medico provinciale o al direttore sanitario entro un mese dall’abilitazione o dall’assunzione, oppure quando se ne presenta la necessità: in sostanza medico e personale ausiliario possono rifiutarsi di praticare l’aborto e tutte le operazioni dirette all’interruzione della gravidanza. Nulla di preoccupante, si potrebbe pensare ad una semplice scelta di coscienza, legittima e da tutelare, come tutte le diversità di opinione, se non fosse che in Italia si stima che il numero dei medici obiettori di coscienza in alcune regioni, soprattutto al sud, tocchi picchi anche dell’80% (dato variabile a seconda della regione). Una scelta, quella di far valere il proprio diritto all’obiezione, che stride con il diritto di una donna di autodeterminarsi. Una scelta che non è scevra da conseguenze e che potrebbe determinare un ritorno al passato.

Una donna che si vede negata la possibilità di esercitare la facoltà di abortire, se decisa o realmente impossibilitata a portare avanti la gravidanza, vi ricorrerà ugualmente, tramite mezzi illeciti e per lo più pericolosi, da sola o con l’aiuto di personale non competente o al di fuori delle strutture preposte a tale procedura. Così si procedeva nei tempi passati e così avveniva in Italia prima che fosse promulgata tale legge. Luc Boltanski cita a titolo esemplificativo l’impiego di droghe abortive ottenute con prodotti naturali con effetti emetici e astringenti, l’utilizzo di mezzi non sterilizzati o pericolosi, manipolazioni nella zona del ventre e percosse sullo stesso.

Il numero degli obiettori non è destinato a calare e non si ravvedono all’orizzonte cambiamenti, neppure in seguito al ricorso presentato nel novembre 2012 al Consiglio d’Europa dall’ International planned parenthood federation european network, sebbene il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa si sia espresso dichiarando che “A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza”.

Tanti sono quindi gli obiettori di coscienza, sostenuti dai vari movimenti pro-life: un esercito in azione. E il parallelismo all’esercito è voluto e non casuale, per ricordare che il diritto di obiettare fu riconosciuto per primo ai militari, a chi di un esercito vero non voleva far parte per non dover imparare ad uccidere una vita esistente, già formata. Era l’obiezione di coscienza alla coscrizione obbligatoria. Con una differenza sostanziale però: chi obiettava alla leva obbligatoria ne pagava le conseguenze sulla sua stessa pelle fin con la galera e successivamente, negli anni ’90 gli fu riconosciuta un’alternativa ossia il servizio civile. Invece, le conseguenze per un medico che solleva l’obiezione di coscienza si ripercuotono solo su colei che ricorrendo alla struttura sanitaria si vede negato un servizio pubblico e il diritto di scegliere per sé stessa e per la propria vita e non attribuisce nessuna alternativa, se non mettersi in cammino alla ricerca di una struttura che faccia della salute della donna e del feto un interesse superiore a quelli che sono i dettami della propria coscienza.

miriam casillo

 Miriam Casillo

Info

 

 

Bibliografia

Atighetchi, D. (2009), Islam e Bioetica, Roma, Armando Editore

Boltanski, L. (2007), La condizione fetale, una sociologia della generazione e dell’aborto, Milano, Feltrinelli

Sitografia

(2016). Napoli, muore a 20 anni durante aborto al Cardarelli: denuncia dei genitori. Ministero invia ispettori. Il fatto quotidiano.it: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/12/napoli-muore-a-19-anni-durante-aborto-volontario-al-cardarelli-denuncia-deigenitori/2369176/

(2014) Obiezione di coscienza, così il diritto all’aborto è a metà. Wired.it: http://www.wired.it/attualita/politica/2014/03/25/aborto-italia-obiezione-coscienza/

Roberto Saviano, (2016). Se il diritto all’aborto c’è solo sulla carta. L’Espresso: http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2016/01/20/news/se-il-diritto-all-aborto-c-e-solo-sulla-carta-1.247261

Chiara Lalli, (2011) Obiezione a costo zero. Personaedanno.it: http://www.personaedanno.it/attachments/article/42092/07_LALLI_apr_11[1].pdf

Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza: http://www.salute.gov.it/imgs/c_17_normativa_845_allegato.pdf)

(2014) Gli obiettori di coscienza in Italia, una mappa. Internazionale.it: http://archivio.internazionale.it/news/italia/2014/03/12/gli-obiettori-di-coscienza-in-italia-una-mappa

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