Buongiorno lei è licenziata – Edi Lazzi (La Recensione)

«È vita. Non c’è niente da fare: il lavoro è vita! E te la portano via. È una cosa tremenda».

Queste le parole di Rosanna, cinquantatré anni, che dopo una vita di lavoro presso l’industria torinese dell’automotive Agrati, nel 2014 è stata licenziata dall’azienda in una procedura di cessazione dell’attività produttiva. Parole semplici e dirette le sue, con un grosso impatto emotivo sul lettore e al tempo stesso esemplificative dell’argomento cardine del testo di Edi Lazzi edito da edizioni GruppoAbele: il lavoro, le sue declinazioni valoriali, di azione e tutto ciò che consegue dalla sua perdita.

lei è licenziata

La voce di Rosanna fa parte del ventaglio di dieci voci eterogenee di donne, lavoratrici del settore metalmeccanico torinese, che nel corso degli ultimi due decenni han perso il lavoro e per cui Lazzi ha pensato tale raccolta di biografie, creando per loro uno spazio di ascolto e di parola. Con una prima pennellata etnografica, partendo dai quotidiani intimi e soggettivi delle protagoniste in contesti specifici – ad esempio Giovanna, ex dipendente Indesit con mansioni nel reparto produzione; oppure Silvana, ex impiegata dell’ufficio acquisti presso Sandretto – si viene a conoscenza di una porzione importante di storia collettiva, sociale e produttiva dell’Italia. L’autore, tramite uno sguardo che sa di antropologico, ha saputo portare a galla l’interconnessione tra tali parti. Un intreccio tra lavoro in senso stretto, vita personale e politiche lavorative che non può più essere ignorato da parte delle Istituzioni, le quali piuttosto, hanno il dovere di gestire e riformare.

La questioni che emergono dalle storie delle lavoratrici possono essere raggruppate in macro aree tematiche:

  • La vita post licenziamento: è proprio quando si spengono i riflettori su attivismo di lavoratori, lavoratici e sindacati che inizia il periodo più difficile, spesso poco raccontato. Il testo pone al centro tale tappa: cosa significa e cosa comporta per le lavoratrici la nuova condizione di disoccupate nei loro vissuti materiali – in primis in termini economici, dovendo compiere rinunce – e immateriali – spesso con conseguenze emotive, di disagio psichico e senso di inutilità. Un nuovo quotidiano dunque, con cui dover fare i conti.
  • Il lavoro femminile nel metalmeccanico: come già anticipato le protagoniste sono donne, donne lavoratrici del settore metalmeccanico e nello specifico dell’automotive di Torino e hinterland. Non solo impiegate negli uffici di contabilità e amministrazione, ma cuori pulsanti nell’intero processo di produzione, responsabili di reparti e tecniche per macchine utensili, a testimonianza di quanto tale realtà lavorativa non sia ad esclusivo appannaggio maschile e scardinando stereotipi di genere costruiti nel tempo.
  • Il valore del lavoro e la sua precarietà: realtà imprenditoriali e settori lavorativi come quello metalmeccanico, considerati per lungo tempo roccaforti ed eternamente in salute, vengono travolti da profonde crisi – la globalizzazione, le famiglie imprenditoriali in discesa, il capitale finanziario, le politiche del lavoro agite e non agite e da ultimo la crisi sanitaria.

Si genera un doppio vuoto:

  1. a livello lavorativo: una perdita occupazionale, subita dalle lavoratrici, spesso senza vederne alcun riempimento, se non il procrastinarsi della condizione di disoccupate. Le possibili alternative per poche fortunate sono contratti a breve termine, senza garanzie di diritti – anzi, spesso violati dagli stessi datori di lavoro con episodi di violenza di genere – o ancor peggio contratti in nero. Pertanto una grossa difficoltà per il mondo femminile di riaccedere al mondo lavorativo e spesso anche a quello pensionistico trovandosi così in un limbo senza speranza. Come è accaduto a Daniela, ex dipendente Pininfarina, a quarantotto anni considerata troppo vecchia per un nuovo impiego e al tempo stesso troppo giovane per accedere alla pensione[1]. 
  2. a livello relazionale: un sentirsi “orfane” di una realtà lavorativa che non era soltanto tale, bensì una comunità, fatta di rapporti personali, condivisione del quotidiano, in cui alla crescita professionale si affiancava quella privata.

Grosse falle dunque che evidenziano il profondo mal funzionamento del mondo del lavoro e la necessaria responsabilità di ripensarlo, di riporre al centro l’umano, di tutelarlo e valorizzarlo.

La raccolta attinge a un registro linguistico chiaro, scorrevole, non ad esclusivo appannaggio degli addetti ai lavori, così da poter raggiungere un pubblico variegato. Nozioni e contenuti specifici sulla storia lavorativa torinese resi noti grazie alla preparazione dell’autore, dialogano coi discorsi più informali e intimi delle intervistate.

Daniela Bernocchi

Info

 

[1] Regolamentata ancora dalla Legge Fornero col raggiungimento della maturità pensionistica a 67 anni per le donne.

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