Esperienze che ci cambiano: perché in adolescenza sono così importanti?

Immagine realizzata da Enrica Falco

«Quand’ero bambino non ero così!».

«Fino a 7 anni parlavo l’inglese perfettamente, poi l’ho perso».

«Da piccola ero bravissima a suonare il piano, ma poi…».

Esatto. Ma poi?

La risposta è che sono entrate in gioco le esperienze adolescenzialiL’adolescenza è infatti un “periodo sensibile“, cioè una fase in cui le esperienze hanno un forte impatto sullo sviluppo (cfr.Bear et al., 2002; Fuhrmann et al., 2015; Ladavas & Berti, 2009). Durante l’adolescenza, infatti, il cervello va incontro ad un profondo riassetto, poiché il cervello del bambino deve evolversi in quello dell’adulto (Bear et al., 2002). 

Intorno ai dodici anni la materia grigia della corteccia prefrontale smette di aumentare, dando inizio ad una serie di processi che, in armonia con il principio del “use it or lose it” (o lo usi o lo perdi), faranno in modo che le connessioni neuronali più adoperate saranno rafforzate, mentre quelle inutilizzate saranno tagliate via attraverso una vera e propria procedura di sfrondamento, chiamata pruning (cfr. Gazzaniga et al., 2015). Di conseguenza, proprio in virtù di questi processi, con l’inizio dell’adolescenza la densità della materia grigia cambierà in maniera sostanziale (cfr. King et al., 2014).

Pertanto:

le esperienze che sono maggiormente praticate in adolescenza, orienteranno lo sviluppo del cervello in quella direzione. Per le stesse ragioni, ogni anno in più in cui si ritarda l’assunzione di alcool riduce significativamente il rischio di svilupparne una dipendenza: di conseguenza, prima s’inizia un comportamento a rischio e più sarà probabile che si cronicizzi (cfr. Bear et al., 2002).

Secondo alcuni autori, tra i quali Elizabeth King (2014), l’adolescenza rappresenterebbe, inoltre, un periodo sensibile dove gli eventi avversi che sopraggiungono durante questa transizione, possono alterare lo sviluppo e predisporre a disturbi comportamentali e psicologici.  

Che cosa può fare, dunque, un adolescente?

Innanzitutto, quanto più si è giovani tanto più è importante restare alla larga da condotte dagli esiti potenzialmente spiacevoli, poiché, con il cervello in via di riassetto, le probabilità che quel comportamento disfunzionale si mantenga sono piuttosto elevate (cfr Bear et al., 2002).

In questo periodo, in virtù del processo di consolidamento delle sinapsi (cfr. Gazzaniga et al., 2015; King et al., 2014), sarà possibile rafforzare le proprie abilità in ogni campo, ad esempio:

  • imparare nuove lingue;
  • relazionarsi con gli altri;
  • imparare un mestiere;
  • praticare bene una disciplina sportiva;
  • per chi ama le arti: dipingere, ballare, cantare, scrivere o suonare uno strumento musicale;
  • fare introspezione;
  • studiare.

Secondo uno studio del 2015 condotto da Fuhrmann insieme ad altri autori, le ricerche scientifiche sarebbero arrivate a definire l’adolescenza una “second window of opportunities”, cioè una seconda finestra di opportunità (cfr. Fuhrmann et al., 2015; Ismail et al., 2017).

Perché “la seconda”? Perché la prima viene collocata nel periodo che va dalla fase prenatale fino all’infanzia. In questo periodo, infatti, il cervello umano attraversa alcuni periodi critici, cioè delle finestre temporali che risultano essenziali per la corretta strutturazione dei processi sensoriali primari (come la vista, ad esempio) e ai fini dell’apprendimento di particolari funzioni (cfr. Bear et al., 2002; King et al., 2014). Ad esempio: i primissimi anni di vita sono un periodo critico per quanto riguarda l’apprendimento del linguaggio: sarà essenziale, quindi, affinché le aree cerebrali ad esso deputate possano svilupparsi correttamente, esporre il bambino ad almeno una lingua per tutta la durata del periodo critico. Se ciò non sarà avvenuto entro tale termine, la funzione non riuscirà a svilupparsi in maniera adeguata (cfr. Bear et al., 2002; Ladavas & Berti, 2009). La fase adolescenziale, in quanto periodo sensibile, si porrà come un nuovo arco temporale in cui le esperienze che si presenteranno potranno avere un forte effetto sullo sviluppo successivo del cervello (cfr. Bear et al., 2002). 

Questo non significa che dopo l’adolescenza tutto sia perduto!

Per nostra fortuna le connessioni tra neuroni conservano sempre una certa capacità di “rimodellarsi” (chiamata neuroplasticità) e per rendersene conto basta pensare alla psicoterapia o alla riabilitazione: senza tale possibilità di riadattamento, nessuna delle due sarebbe possibile. Ancor più semplicemente, non potrebbe realizzarsi alcun tipo di apprendimento (cfr. Ladavas & Berti, 2009).

Che cosa intendiamo quando parliamo di neuroplasticitàIntendiamo quella capacità delle connessioni neuronali di rimodellarsi in risposta all’esperienza, permettendo all’individuo non solo di apprendere cose nuove, ma anche di riadattarsi quando mutano le condizioni ambientali o quando sopravviene una lesione cerebrale. In altre parole, il nostro cervello ha, tra le sue caratteristiche, quella di essere anche esperienza-dipendente. Tuttavia, la neuroplasticità non ha un andamento costante ed è più alta durante i periodi critici e sensibili dello sviluppo  (cfr. Bear et al., 2002; Ismail et al., 2017).

In conclusione, sebbene l’adolescenza sia il periodo di vita più indicato per l’apprendimento e il consolidamento delle proprie capacità, anche chi non è più adolescente può comunque apportare importanti cambiamenti a se stesso e migliorarsi. La differenza è che ci si deve allenare un (bel) po’ di più!

Gloria Rossi

Info

 

 

 

 

Bibliografia

Bear, M.F., Connors, B.W., Paradiso, M.A. (2002), Neuroscienze: esplorando il cervello, Milano, Masson (Ed. or. 1996).

Fuhrmann D., Knoll L.J., Blakemore S.J., (2015), “Adolescence as a Sensitive Period of Brain Development”, in Trends in Cognitive Sciences 10.

Gazzaniga M.S., Ivry R.B., Mangun G.R. (2015), Neuroscienze cognitive, Bologna, Zanichelli (Ed. or. 2002).

Ismail F. Y., Fatemi A., Johnston M.V., (2017), “Cerebral Plasticity: Windows of Opportunity in the Developing Brain”, in  European Journal of Paediatric Neurology 1.

King E.C., Pattwell S.S., Glatt C.E., Lee F. S., (2014), “Sensitive Periods in Fear Learning and Memory”, in Stress 1

Ladavas S., Berti A.E., (2009), Neuropsicologia, Bologna, Il Mulino

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